Il risveglio politico globale e il Nuovo Ordine mondiale

La Rivoluzione tecnologica e il futuro di libertà, Parte I

 Vi è un nuovo ed originale sviluppo nella storia umana che si sta imponendo in tutto il mondo; non ha precedenti per portata e dimensioni, e quindi costituisce la più grande minaccia a tutte le strutture di potere globale: il “risveglio politico globale”.

Il termine è stato coniato da Zbigniew Brzezinski, e fa riferimento al fatto che, come ha scritto Brzezinski:
 
“Per la prima volta nella storia quasi tutta l’umanità è politicamente attivata, politicamente consapevole e politicamente interattiva. L’attivismo globale sta generando un incremento tumultuoso in relazione agli aspetti culturali e alle opportunità economiche, in un mondo segnato dalle memorie della dominazione colonialista ed imperialista.” [1]
 
In buona sostanza, questo potente “risveglio politico globale” rappresenta la sfida più seria e più grave ai poteri organizzati della globalizzazione e al sistema politico economico globale: gli Stati-nazione, le corporation e le banche multinazionali, le banche centrali, le organizzazioni internazionali, gli eserciti, i servizi di spionaggio, le istituzioni accademiche e il sistema dei media. La Classe Capitalista Transnazionale (TCC), o “Superclasse”, così viene definita da David Rothkopf, è globalizzata come mai prima. Per la prima volta nella storia, si è venuta a formare una élite sicuramente globale e profondamente integrata.
 
Dal momento che le élite hanno globalizzato il loro potere, cercando di costruire un “Nuovo Ordine mondiale” per dominare il mondo e in definitiva un governo globale, hanno nel contempo globalizzato i popoli. 
 
La “Rivoluzione Tecnologica” (o Rivoluzione “Tecnetronica”, così definita da Brzezinski nel 1970) implica due importanti sviluppi geopolitici.
 
Il primo si riferisce al fatto che, conseguentemente alle conquiste tecnologiche, i sistemi di comunicazione di massa sono in rapido sviluppo accelerato e quindi le persone nel mondo sono in grado di interagire istantaneamente fra di loro e di avere accesso alle informazioni provenienti da tutto il mondo. In ciò risiede il potenziale, e in definitiva la fonte centrale, di un massiccio risveglio politico globale.  
 
Nello stesso tempo, la Rivoluzione Tecnologica ha consentito alle élite di imporre un nuovo indirizzo e un nuovo controllo alla società in modo mai prima immaginato, che in ultimo sta sfociando in una dittatura scientifica globale, come alcuni avevano messo in guardia già a partire dai primi decenni del ventesimo secolo. Il potenziale per il controllo delle masse non è stato mai così grande, e la scienza scatena il potere della genetica, della biometria, della sorveglianza e di nuove forme di moderna eugenetica; tutto ciò viene implementato da una élite scientifica ben equipaggiata con sistemi di controllo psico-sociale (l’uso della psicologia per il controllo delle masse). 

Che cosa è il “Risveglio Politico Globale”?

Per rispondere a questo quesito, è meglio lasciar parlare direttamente Zbigniew Brzezinski, visto che questa è una sua definizione. Nel 2009, Zbigniew Brzezinski pubblicava un articolo sulla base di una sua relazione tenuta alla Chatham House di Londra nel loro giornale accademico “International Affairs”.
 
La Chatham House, nel passato Istituto Reale per le Relazioni Internazionali, è l’equivalente britannico dello statunitense Council on Foreign Relations, entrambe istituzioni fondate nel 1921 come “istituzioni sorelle” per coordinare la politica estera anglo-statunitense. 
 
L’articolo, “Importanti sfide di politica estera per il prossimo Presidente degli Stati Uniti”, analizza compiutamente le sfide geopolitiche che l’amministrazione Obama deve affrontare per guidare lo stato egemonico globale in questa situzione congiunturale critica. 
Brzezinski fa riferimento al “risveglio politico globale” come “evento di effettiva trasformazione sulla scena mondiale”:
 
“Per la prima volta nella storia quasi tutta l’umanità è politicamente attivata, politicamente consapevole e politicamente interattiva. Vi sono poche sacche di umanità che vivono in angoli remoti del mondo che non sono politicamente vigili e coinvolte in agitazioni politiche e sommovimenti, oggi tanto diffusi nel mondo intero. Il risultante attivismo politico globale sta provocando un’ondata di richieste di dignità personale, di relazioni culturali e di opportunità economiche in un mondo ancora dolorosamente sgomento per il ricordo di una dominazione straniera colonialista ed imperialista che è durata per secoli.” [2]
 
Brzezinski postula che il “risveglio politico globale” è uno dei più drammatici e significativi sviluppi nella geopolitica che sia mai avvenuto e questo “si evidenzia in forme radicalmente differenti, dall’Iraq all’Indonesia, dalla Bolivia al Tibet.”
 
Così, l’“Economist” commentava : “Quantunque l’America abbia centrato la sua attenzione sull’interpretazione di cosa i popoli vadano alla ricerca (democrazia e benessere creati dal libero commercio e dai mercati aperti), Brzezinski indica una diversa direzione: la esigenza è quella della dignità.”
 
In più, Brzezinski argomenta: “Il desiderio ardente per la dignità dell’uomo che percorre il mondo è la sfida centrale inerente al fenomeno del risveglio politico globale.” [3]
 
Nel 2005, Brzezinski ha elaborato un saggio per “The American Interest” dal titolo “Il dilemma dell’ultimo sovrano”, in cui illustra il panorama geopolitico nel quale gli Stati Uniti e il mondo sono immersi. Brzezinski scriveva che “per molti Stati, attualmente la sovranità tende ad essere una finzione legale”, e valutava criticamente gli obiettivi di politica estera e la retorica dell’amministrazione Bush.  
 
Brzezinski è stato un ardente critico della “guerra contro il terrorismo” e della retorica collegata, in modo particolare della demonizzazione dell’Islam e del popolo musulmano, che costituiscono una delle religioni che si sta diffondendo maggiormente nel mondo e una delle popolazioni in più veloce espansione demografica.    
 
Brzezinski teme la miscela di effetti negativi che questo può ingenerare sulla politica estera usamericana e sugli obiettivi e le aspirazioni della potenza globale.
Egli scrive:
 
“L’America ha bisogno di affrontare con coraggio una nuova realtà globale di centrale importanza: che la popolazione del mondo sta sperimentando un risveglio politico senza precedenti per portata ed intensità, con il risultato che le politiche di populismo si stanno trasformando in politiche di potere. La necessità di dare risposte a questo fenomeno di massa pone agli Stati Uniti, unico sovrano, uno storico dilemma: quale dovrebbe essere la definizione dirimente del ruolo globale degli Stati Uniti?” [4]
 
Brzezinski spiega che il formulare una politica estera tutta basata su un unico avvenimento, gli attacchi terroristici dell’11 settembre, ha dato legittimità a pratiche illegali (tortura, sospensione dell’habeas corpus, ecc.) e ha indotto i cittadini ad accettare tranquillamente la “guerra globale contro il terrorismo”, una guerra senza fine. La retorica e le emozioni tutte centrate su questa politica estera globale hanno sollevato un’ondata di patriottismo e di sentimenti di riscatto e di rivincita. Ecco come si esprime Brzezinski:
 
“Non è necessario essere più precisi rispetto a chi erano realmente i terroristi, da dove provenivano o quali erano le motivazioni storiche, le passioni religiose o i malcontenti politici che hanno concentrato il loro odio contro gli Stati Uniti. Così, il terrorismo ha preso il posto delle armi nucleari dell’Unione Sovietica come minaccia primaria e i terroristi (potenzialmente onnipresenti e generalmente identificati con i Musulmani) hanno rimpiazzato i comunisti come minaccia onnipresente.” [5]
 
Brzezinski sottolinea che questa politica estera, che ha infiammato l’anti-Usamericanismo in tutto il mondo, in modo particolare nel mondo musulmano, fatto principale obiettivo della retorica contro il “terrore”, in effetti ha infiammato ancor di più il “risveglio politico globale”.    
Brzezinski scrive:
 
“La fondamentale sfida del nostro tempo viene lanciata non dal terrorismo globale, ma piuttosto dall’intensificarsi della turbolenza prodotta dal fenomeno del risveglio politico globale. Questo risveglio sta radicalizzandosi con modalità politiche socialmente rilevanti.” [6]
 
E Brzezinski continua affermando che questo risveglio, attualmente unico nelle sue dimensioni globali, affonda le sue radici nelle idee e nelle azioni della Rivoluzione Francese, punto focale delle “moderne politiche di trasformazione, mediante l’emergere di una presa di coscienza nazionale socialmente potente.”
Brzezinski spiega l’evoluzione del “risveglio”:
 
“Nei successivi 216 anni, il risveglio politico si è allargato con gradualità ma inesorabilmente come una macchia di inchiostro. L’Europa del 1848, e più in generale i movimenti nazionalisti della fine del diciannovesimo e dell’inizio del ventesimo secolo, riflettevano la nuova politica ricca di fermenti populisti e di impegno crescente delle masse. In varie parti del mondo questa combinazione abbracciava utopie manicheiste, per cui la Rivoluzione Bolscevica del 1917, l’assunzione Fascista del potere in Italia del 1922 e la conquista Nazista dello stato nella Germania del 1933 costituivano le piattaforme di lancio.  Quindi, il risveglio politico si diffuse rapidamente in Cina, precipitandola in diversi decenni di conflitto civile. Sentimenti anti-colonialisti galvanizzarono l’India, dove la tattica della resistenza passiva disarmava con efficacia la dominazione imperiale, e dopo la Seconda Guerra Mondiale sommovimenti politici contro il colonialismo misero fine in tutto il mondo ai restanti imperi europei. Nell’emisfero occidentale, il Messico sperimentava i primi avvisi di un attivismo populista già negli anni ’60 dell’Ottocento, che sfociavano nella Rivoluzione Messicana all’inizio del ventesimo secolo.” [7]
 
In definitiva, questo significa che – indipendentemente dai risultati finali dei risvegli del passato – al centro del concetto di “risveglio politico” si colloca la popolazione – il popolo – che assume consapevolezza politica e sociale e, di conseguenza, partecipa ai movimenti politici e sociali di massa, mirando a produrre importanti spostamenti e cambiamenti, o la rivoluzione, in campo politico, sociale ed economico. 
 
Quindi, nessuna trasformazione sociale presenta una sfida più grande o più diretta alle strutture di potere arroccate e centralizzate – qualsiasi sia la loro natura, politica, sociale o economica. Brzezinski spiega come segue l’evolversi del “risveglio politico globale” in tempi moderni:
 
“Non è esagerato asserire che attualmente, nel ventunesimo secolo, i popoli di molte parti del mondo in via di sviluppo siano politicamente in agitazione e in subbuglio. Sono popoli acutamente consapevoli dell’ingiustizia sociale ad un grado senza precedenti e spesso gonfi di risentimento in quanto percettori della loro insufficiente dignità politica. Il pressoché universale accesso all’uso della radio, della televisione e in maniera crescente ad Internet sta creando un insieme di percezioni condivise e di rivalse che possono essere galvanizzate e solcate da passioni demagogiche politiche o religiose. Queste energie trascendono i confini sovrani e lanciano una sfida sia all’esistenza degli Stati che all’esistenza di una gerarchia globale, al vertice della quale gli Stati Uniti d’America ancora stanno appostati.” [8]
 
Brzezinski aggiunge che diverse aree centrali del “risveglio politico globale”, come Cina, India, Egitto, Bolivia, i Musulmani del Medio Oriente, il Nord Africa, il Sud-Est asiatico, e l’Europa, così come gli Indios dell’America Latina, “sempre più stanno definendo ciò che desiderano, in reazione a ciò che essi percepiscono come impatto ostile del mondo esterno nei loro confronti. Con modalità differenti e differenti gradi di intensità provano avversione per lo status quo e molti di essi sono sensibili a mobilitarsi contro la potenza esterna, che tanto invidiano quanto percepiscono preoccupata in modo interessato per questo status quo.”
 
Brzezinski produce una elaborazione sul gruppo specifico più influenzato da questo risveglio:
 
“I giovani del Terzo Mondo sono particolarmente inquieti e pieni di risentimento. La rivoluzione demografica che essi incarnano è quindi una bomba politica a tempo. Fatta eccezione per l’Europa, il Giappone e gli Stati Uniti, l’incremento demografico rapidamente in espansione per la fascia di età dei venticinquenni e di età inferiore sta creando una massa smisurata di giovani impazienti. Le loro menti sono state agitate da suoni ed immagini che provengono da lontano e che intensificano la loro disaffezione per ciò che hanno a portata di mano. È probabile che la loro potenziale punta di diamante rivoluzionaria emerga tra le decine di milioni di studenti concentrati negli istituti educativi di “terzo livello”, spesso dai contenuti intellettuali discutibili, dei paesi in via di sviluppo. In subordine alla definizione di terzo livello educazionale, attualmente nel mondo si possono contare fra 80 e 130 milioni di studenti di “college”. Provenienti tipicamente dal ceto medio inferiore socialmente insicuro e infiammati da un senso di indignazione sociale, questi milioni di studenti sono rivoluzionari in pectore, già semi-mobilitati in larghe congregazioni, connessi attraverso Internet e pre- posizionati per una replica su scala più ampia di ciò che è accaduto anni prima a Città del Messico o in piazza Tiananmen. La loro energia fisica e le loro frustrazioni emozionali sono allora in attesa di venire scatenati per un ideale, o da un credo religioso o dall’odio.” [9]
 
Brzezinski presuppone quindi che per affrontare questa nuova “sfida” globale ai poteri consolidati, in particolare agli Stati-nazione che non possono intervenire adeguatamente su popolazioni sempre più non-flessibili e che non possono dare risposte adeguate a richieste populiste, ciò che viene richiesto è “sempre più la cooperazione sovranazionale, attivamente promossa dagli Stati Uniti.”
 
In altri termini, Brzezinski vede con favore una “internazionalizzazione” crescente e in espansione, e non sorprende che egli abbia gettato le basi intellettuali della Commissione Trilaterale.
Egli afferma che la “Democrazia per sé non rappresenta una soluzione permanente”, visto che potrebbe essere superata da un “populismo radicalmente rancoroso.”
 
Questa è sicuramente una nuova realtà globale:
 
“L’umanità politicamente risvegliata anela alla dignità politica, che la democrazia può accrescere, ma la dignità politica comprende anche autodeterminazione etnica o nazionale, auto-definizione religiosa, e diritti sociali ed umani, il tutto in un mondo ormai profondamente consapevole delle ingiustizie economiche e delle disuguaglianze razziali ed etniche. La richiesta di dignità politica, specialmente attraverso l’autodeterminazione nazionale e le trasformazioni sociali è parte dell’impulso a farsi valere da parte dei non privilegiati del mondo.”[10]
 
Poi, Brzezinski scrive: “Una efficace risposta può solo provenire da un’America che ha fiducia in se stessa, genuinamente impegnata per una nuova visione di solidarietà globale.” 
 
L’idea è quella di fornire risposte ai malcontenti provocati dalla globalizzazione e dalle strutture di potere globale: il mondo e gli Stati Uniti devono espandere ed istituzionalizzare il processo di globalizzazione, non solamente nella sfera economica ma anche in quella sociale e politica.
 
È una logica incrinata, a dir poco, che la risposta a queste problematiche sia di accrescere e rafforzare i problemi del sistema. Non è possible spegnere un incendio aggiungendo benzina.   
 
Brzezinski continua: “Sia detto subito che sovranazionalità non deve essere confusa con governo mondiale. Anche se auspicabile, l’umanità non è minimamente pronta per un governo mondiale, e il popolo usamericano certamente non lo desidera.”  
 
Tuttavia, Brzezinski argomenta che gli Stati Uniti devono essere centrali nella costruzione di un sistema a governabilità mondiale, “nel plasmare un mondo che è definito meno dalla finzione della sovranità statale e più dalla realtà di una interdipendenza in espansione e politicamente regolata.” [11]
 
In altre parole, “non governo globale” ma “governabilità globale”, che è semplicemente un espediente retorico per definire la “global governance”, e non importa quanto le due espressioni si sovrappongono, se sporadicamente e saltuariamente si presentano, in realtà si tratta di un passaggio fondamentale e di una transizione indispensabile verso un governo effettivamente globale.
 
Perciò, la retorica e la realtà della “guerra globale al terrorismo” in realtà infiammano ulteriormente il “risveglio politico globale”, rispetto alla necessità di sfidare e di affrontare la questione.
 
Nel 2007, Brzezinski avvertiva il Senato degli Stati Uniti che la “Guerra al terrorismo” era una “narrazione storica immaginaria e mitica” [12] o, in altri termini, una completa fiction.

Del Potere e del Popolo

Per capire in modo conveniente il “risveglio politico globale” è di obbligo comprendere ed analizzare le strutture di potere che più gravemente sono minacciate.
 
Perché Brzezinski si esprime così fragorosamente su questo argomento? Da quale prospettiva affronta questa problematica?
 
Le strutture di potere globale sono più spesso rappresentate da Stati-nazione, nel mondo in numero superiore a 200, e la stragrande maggioranza deve sottoporre a controllo popolazioni sempre più politicamente consapevoli, che devono la loro presa di coscienza alle comunicazioni transnazionali e alle loro condizioni materiali effettive (povertà, diseguaglianze, guerra, dominio, ecc.) piuttosto che a questioni nazionali.  
 
Fra gli Stati-nazione, sono le potenze occidentali quelle che esercitano il dominio più pesante, in modo particolare gli Stati Uniti, che occupano il vertice della gerarchia globale delle nazioni come potenza egemone globale (impero). La politica estera usamericana ha ricevuto l’impulso imperiale da parte di una rete interdipendente di think tanks (centri studi) internazionali, in cui operano le figure di spicco nel settore della politica e in quello bancario, industriale, accademico, dei media, militare e di intelligence, per formulare politiche coordinate.
 
La più rilevante di queste istituzioni, che socializza le élite attraverso i confini nazionali e fornisce le analisi ragionate e l’impulso per imporre e conservare l’impero, è costituita quindi da questa rete interdipendente di centri studi internazionali. 
 
Nel 1921, le élite accademiche britanniche ed usamericane si sono riunite con quelle più interessate al potere bancario internazionale per costituire due “istituzioni sorelle”, l’Istituto Reale per gli Affari Internazionali (RIIA) di Londra, ora conosciuto come Chatham House, e il Consiglio per le Relazioni con l’Estero negli Stati Uniti.
 
In seguito, sono stati creati centri studi con i medesimi obiettivi in Canada, come l’Istituto Canadese per gli Affari Internazionali, attualmente conosciuto come Consiglio Internazionale del Canada (CIC), ed altri centri studi affiliati in Sud Africa, India, Australia, e più di recente nell’Unione Europea con la formazione del Consiglio Europeo per le Relazioni con l’Estero.[13]
 
In seguito alla Prima Guerra Mondiale, queste potenze hanno cercato di dare una nuova struttura al mondo secondo i loro disegni, con Woodrow Wilson che proclamava il diritto all’ “autodeterminazione delle nazioni”, che si concretava con la formazione di Stati-nazione in tutto il Medio Oriente, fino all’inizio della guerra sotto il dominio dell’Impero Ottomano.
 
Così, il proclamare il diritto all’“autodeterminazione” per i popoli di tutto il mondo diventava, di fatto, un mezzo per costruire strutture di potere dello Stato-nazione, e le nazioni occidentali divennero non solo strumentali a questa costruzione, ma utilizzarono questo diritto per esercitare la loro egemonia.
 
Per controllare i popoli, bisogna costruire istituzioni di controllo. Nazioni come  l’Iraq, l’Arabia Saudita, la Giordania, il Libano, la Siria, il Kuwait, ecc., non esistevano prima della Prima Guerra Mondiale.
 
Le élite hanno sempre cercato di controllare i popoli e gli individui per i loro desideri di potere. Non importa se il sistema politico sia quello del fascismo, comunismo, socialismo o democrazia: le élite cercano il potere e il controllo, e sono intrinseche ad ogni sistema di governance.
 
Nel 1928, Edward Bernays, nipote del padre della psicoanalisi Sigmund Freud, scriveva uno dei suoi lavori più influenti, dal titolo “Propaganda.
 
Bernays ha anche scritto un testo sulle “Pubbliche Relazioni” ed è noto come il “padre delle pubbliche relazioni”, ma fuori da questo settore pochi sanno di Bernays; comunque, profonda e di larga portata è stata la sua influenza sulle élite e sul controllo sociale.
 
Bernays ha guidato gli sforzi propagandistici dietro il colpo di stato della CIA nel 1954 in Guatemala, inquadrandolo come una “liberazione dal comunismo”, quando in realtà si trattava dell’imposizione di una dittatura pluridecennale per tutelare gli interessi della United Fruit Company, che aveva assunto Bernays per gestire la campagna mediatica contro il governo socialista democratico del Guatemala. 
 
Inoltre, Bernays aveva trovato un ammiratore e un allievo in Josef Goebbels, Ministro della Propaganda di Hitler, che aveva assimilato molte delle sue idee dagli scritti di Bernays.
 
Uno dei progetti più scellerati fra quelli proposti da Bernays era di rendere il fumo molto popolare fra le donne usamericane, così egli assunse belle donne per passeggiare lungo la Madison Avenue fumando sigarette, dando in questo modo alle donne l’idea che fumare andava a braccetto con la bellezza.  
 
In questo suo libro del 1928, “Propaganda,” Bernays scriveva che, “se noi abbiamo compreso i meccanismi e le motivazioni di una mente collettiva, allora è possibile controllare ed irreggimentare le masse secondo la nostra volontà, senza che esse se ne rendano consapevoli.”
Inoltre:
 
“La manipolazione deliberata ed intelligente delle abitudini organizzate e delle opinioni delle masse è un elemento importante nelle società democratiche…Coloro che manipolano questo occulto meccanismo di società costituiscono un governo invisibile, che è il vero potere che governa il nostro paese…In quasi ogni azione della nostra esistenza quotidiana, sia nella sfera della politica o di lavoro, nella nostra condotta sociale o nel nostro pensiero etico, noi siamo dominati da un numero relativamente piccolo di persone. . . in grado di comprendere i processi mentali e i modelli sociali delle masse. Sono loro che tirano i fili che controllano la mente della pubblica opinione.”[14]
 
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti divennero l’egemone globale, le cui pulsioni imperiali si accompagnavano al concetto strategico di “contenimento” per frenare l’espandersi del comunismo. Quindi, le avventure imperiali degli Stati Uniti in Corea, nel Medio Oriente, in Asia e nell’America del Sud, vennero determinate dal desiderio di “far arretrare” l’influenza dell’Unione Sovietica e del comunismo. Non fa sorpresa che sia stato il Consiglio per le Relazioni con l’Estero ad originare l’idea del “contenimento” come aspetto centrale della politica estera usamericana. [15]
Inoltre, sempre successivamente alla Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti si sono resi responsabili di sovrintendere e gestire il sistema monetario internazionale e l’economia politica globale attraverso la creazione di istituzioni e di accordi, come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale  (IMF), la NATO, le Nazioni Unite, e il GATT (Accordo generale sulle tariffe e sul commercio) (a seguire poi la World Trade Organization – WTO – Organizzazione Mondiale per il Commercio).
 
Una delle istituzioni di potere centrale, che aveva come obiettivo significativo quello di consolidare il consenso fra le élite occidentali e di fornire un forum per espandere l’egemonia globale dell’Occidente, era il Bilderberg Group, fondato nel 1954 come centro studi internazionali.[16]
 
Zbigniew Brzezinski, un accademico intraprendente, entrava a far parte del Consiglio per le Relazioni con l’Estero nei primi anni ’60.
 
Nel 1970, Brzezinski, che aveva partecipato a qualche incontro del Bilderberg, scriveva un libro dal titolo, “Between Two Ages: America’s Role in the Technetronic Era – Fra due epoche: il ruolo dell’America nell’era tecnetronica,” in cui egli analizzava l’impatto della “rivoluzione tecnologica ed elettronica”, quindi l’era “tecnetronica”.
 
Brzezinski definisce la “società tecnetronica” come una “società strutturata culturalmente, psicologicamente, socialmente ed economicamente mediante l’impatto con la tecnologia e l’elettronica – particolarmente nel campo operativo dei computer e delle comunicazioni. Ormai, i processi industriali non costituiscono più il principale determinante del cambiamento sociale, e non modificano più gli usi e i costumi, la struttura sociale e i valori della società.” [17]
 
Brzezinski, approfondendo il concetto di controllo sociale, sulla linea di quello propugnato da Edward Bernays, scriveva che “la condotta umana, come sostenuto da alcuni, può essere predeterminata e sottoposta a deliberato controllo”, e citava uno “sperimentatore in controllo dell’intelligenza”, che asseriva: “Prevedo il tempo in cui avremo i mezzi e quindi , inevitabilmente, la tentazione di manipolare il comportamento e il funzionamento intellettuale di tutte le persone attraverso la manipolazione biochimica del cervello e ambientale.” [18]
 
Brzezinski, in una comunicazione giornalistica raccontava delle sue sagaci capacità di osservazione e della sua abilità di individuare le principali tendenze a livello mondiale, e scriveva che “siamo testimoni dell’emergere di élite transnazionali, composte da uomini d’affari internazionali, studiosi, professionisti e funzionari pubblici. I legami di queste nuove élite oltrepassano i confini nazionali, le loro prospettive non sono confinate dalle tradizioni nazionali, e i loro interessi sono più funzionali e pragmatici che nazionali.” 
 
“Quindi”, scrive Brzezinski, “è probabile che presto le élite sociali della maggior parte dei paesi più avanzati saranno altamente internazionaliste o mondialiste nello spirito e nei modi di vedere.” Comunque, avverte Brzezinski, questa internazionalizzazione crescente delle élite “potrebbe dare luogo ad una pericolosa divaricazione fra loro e le masse politicamente attivate, il cui “nativismo” – sfruttato da leader politici più nazionalisti – potrebbe lavorare contro le élite “cosmopolite”. [19]
 
Inoltre, Brzezinski si è anche espresso su “la progressiva comparsa di una società più controllata e diretta” nel corso della “rivoluzione tecnetronica”:
 
“Una tale società sarebbe dominata da una élite la cui pretesa di potere politico poggerebbe su di un presunto superiore know-how scientifico. Non vincolata dalle limitazioni poste dai tradizionali valori liberali, questa élite non esiterebbe a raggiungere i suoi obiettivi politici utilizzando le ultime tecniche moderne per influenzare il comportamento dell’opinione pubblica e tenere la società sotto stretta sorveglianza e controllo. In queste circostanze, lo slancio scientifico e tecnologico del paese non dovrebbe essere riservato….” [20]
 
Brzezinski continua e sviluppa: “Il persistere della crisi sociale, l’emergere di una personalità carismatica e lo sfruttamento dei mass media per ottenere la fiducia dell’opinione pubblica costituirebbero il trampolino di lancio verso una trasformazione, passo dopo passo, degli Stati Uniti in una società altamente controllata. La tradizionale società democratica usamericana, affascinata ed incantata dall’efficientismo tecnico, potrebbe diventare una società estremamente controllata, e perciò le sue qualità umane e individualistiche andrebbero smarrite.” [21]
 
Nel suo libro, Brzezinski propugnava una “Comunità di Nazioni Sviluppate”, dell’Europa Occidentale, Nord America e Giappone, con scopi di coordinazione e integrazione, al fine di plasmare un “Nuovo Ordine mondiale” costruito su idee di governabilità globale, sotto la direzione di queste élite transnazionali.
 
Nel 1972, Brzezinski e il suo amico, David Rockefeller, presentavano questa idea ai convegni annuali del Bilderberg Group. In quel periodo, Rockefeller era Presidente del Consiglio per le Relazioni con l’Estero e inoltre CEO (chief executive officer – direttore generale) della Chase Manhattan Bank.
 
Nel 1973, Brzezinski e Rockefeller creavano la Commissione Trilaterale, una sorta di istituzione sorella del Bilderberg Group, con partecipazioni incrociate a livello superiore, portando il Giappone nella sfera occidentale di integrazione economica e politica. [22]
 
Nel 1975, la Commissione Trilaterale pubblicava una Relazione di Unità Operativa dal titolo, “La crisi della democrazia”, di cui uno degli autori principali era Samuel Huntington, uno scienziato politico, strettamente associato ed amico di Zbigniew Brzezinski.
 
In questa relazione, Huntington argomenta che gli anni ‘60 hanno visto un aumento della democrazia negli Stati Uniti, con una ripresa della partecipazione dei cittadini, spesso “in forma di marce, manifestazioni, movimenti di protesta, e organizzazioni per ‘giusta causa’”. [23]
 
Inoltre, “gli anni ’60 hanno visto anche una riaffermazione del primato della parità, come obiettivo nella vita sociale, economica e politica.” [24]
 
Huntington, come prova di questo “aumento di democrazia”, analizzava le statistiche che mostravano come durante gli anni ‘60 e nei primi anni ‘70 , vi era stato un drammatico aumento della percentuale di persone che pensavano che gli Stati Uniti stavano spendendo troppo per la difesa (dal 18% nel 1960 al 52% nel 1969, incremento largamente dovuto alla Guerra del Vietnam). [25]  In altre parole, le persone stavano diventando politicamente molto più consapevoli sui fenomeni dell’imperialismo e dello sfruttamento.  
 
Huntington scriveva che “l’aumento di democrazia degli anni ’60 in buona sostanza costituiva una sfida generale agli esistenti sistemi di autorità, pubblica e privata,” e che “le persone non si sentivano più la stessa compulsione ad obbedire a coloro che avevano in precedenza considerato superiori per età, rango, status, esperienza, carattere, o talento.”
 
Huntington spiegava che negli anni ’60 “le gerarchie, l’esperienza e l’opulenza erano sottoposte ad un pesante attacco.”[26]
 
Egli dichiarava che tre erano i temi chiave al centro della accresciuta partecipazione politica degli anni ’60:
 
“- Questioni sociali, come l’uso di droghe, le libertà civili, e il ruolo delle donne;
– questioni razziali, implicanti processi di integrazione, desegregazione scolastica, aiuti governativi a gruppi minoritari, e rivolte urbane;
– questioni militari, in primo luogo, naturalmente, la guerra in Vietnam, ma anche i progetti di programmi di spesa militare e di aiuti militari e, più in generale, il ruolo del complesso militare-industriale.”[27]
 
Huntington presentava l’insieme di queste questioni essenzialmente come la “crisi della democrazia”, in quanto dava impulso alla perdita di fiducia nei confronti del governo e dell’autorità, inducendo polarizzazione sociale e ideologica e provocando un “declino di autorità, nello status, nell’influenza e nell’efficacia della presidenza.” [28]
 
Huntington concludeva che molti problemi di governabilità negli Stati Uniti scaturivano da un “eccesso di democrazia” e che “il funzionamento efficace di un sistema politico democratico solitamente richiede un certo grado di apatia e il non coinvolgimento, sia individuale che di gruppo.”
Huntington spiegava che la società ha sempre compreso “gruppi marginali”, che non partecipano alla vita politica, pur riconoscendo che l’esistenza di “marginalità da parte di alcuni gruppi è intrinsecamente non democratica,” e questo rende “la democrazia impossibilitata a funzionare con efficacia.” Huntington identifica “i neri” come uno di questi gruppi diventati politicamente attivi, rappresentanti un “rischio di sovraccaricare il sistema politico con le loro richieste.”[29]
 
Nelle sue conclusioni, Huntington affermava che la vulnerabilità della democrazia, in sostanza la “crisi della democrazia”, deriva dalla “società ad alta istruzione, che si mobilita e che partecipa,” e che ciò che risulta necessario è “un’esistenza più equilibrata” in cui sono “auspicabili limiti ad un allargamento indefinito della democrazia politica.”[30]
 
Riassumendo, la Relazione di Unità Operativa della Commissione Trilaterale essenzialmente spiegava che la “Crisi di Democrazia” avveniva perché vi era troppa democrazia, e quindi la “soluzione” alla “crisi” era quella di avere meno democrazia e più “autoritarismo”.  

Il Nuovo Ordine mondiale  

In seguito al collasso dell’Unione Sovietica nel 1991, gli ideologi usamericani – politici ed accademici – iniziavano a dibattere sull’idea della nascita di un “nuovo ordine mondiale”, in cui il potere nel mondo venisse centralizzato in un’unica potenza – gli Stati Uniti, e ponevano le basi per un allargamento dell’ideologia élitaria concernente il concetto di “globalizzazione”: che il potere e le strutture di potere dovevano essere globalizzati.
 
In breve, il “nuovo ordine mondiale” era quello di “un ordine globale a governabilità globale”.
 
Nel breve periodo, alla testa dovevano porsi gli Stati Uniti, che dovevano diventare l’attore centrale e primario nella costruzione di questo nuovo ordine mondiale, e infine di un governo mondiale.[31]
 
Anne-Marie Slaughter, attualmente Direttrice della Pianificazione Politica del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, è una eminente accademica all’interno delle strutture di élite usamericane, avendo a lungo prestato servizio in vari uffici presso il Dipartimento di Stato, in università di prestigio e presso la direzione del Council on Foreign Relations (Consiglio per le Relazioni con l’Estero).  
 
Nel 1997, la Slaughter scriveva un articolo per il giornale del Council on Foreign Relations, “Foreign Affairs,” in cui discuteva i fondamenti teorici del “nuovo ordine mondiale”.
Nell’articolo, scriveva:
 
“Lo Stato non sta scomparendo, viene solo disaggregato nelle sue parti separate, funzionalmente distinte. Queste parti – tribunali, agenzie di regolamentazione, direzioni del potere esecutivo e legislativo – vengono messe in rete con le loro equivalenti estere, con la creazione di un tessuto denso di relazioni che costituisce un nuovo ordine transgovernativo,” e
“il transgovernamentalismo sta rapidamente diventando il modo più diffuso ed efficace di governabilità internazionale.” [32]
 
L’analisi della Slaughter del “nuovo ordine mondiale” veniva preceduta da un articolo di Richard N. Gardner pubblicato sempre in “Foreign Affairs”, dal titolo “The Hard Road to World Order – Il difficile cammino verso l’Ordine mondiale”.”
 
Gardner, un ex ambasciatore usamericano e membro della Commissione Trilaterale, scriveva:
 
“La ricerca di una struttura mondiale che assicuri la pace, promuova  i diritti umani e stabilisca le condizioni per il progresso economico, per quello che vagamente viene denominato come Ordine mondiale, non è mai sembrata più deludente, ma allo stesso tempo stranamente pregna di fiducia.” [33]
 
“Se la costituzione immediata di un governo mondiale, la revisione della Carta delle Nazioni Unite, e una potenziata Corte Internazionale non forniscono le risposte, quale speranza di progresso esiste? La risposta non soddisferà coloro che cercano soluzioni semplici a problemi complessi, ma tutto si riduce essenzialmente a questo: la speranza per l’immediato futuro sta, non nella costruzione di poche istituzioni centralizzate ricche di ambizioni di appartenenza universale e di giurisdizione generale, così come previsto alla fine dell’ultima guerra, ma piuttosto in un processo molto più decentrato, con poche regole e pragmatico, di inventare o adattare istituzioni a giurisdizione limitata e di appartenenza selezionata per risolvere problemi specifici, caso per caso, come attualmente viene percepito il bisogno di cooperazione dalle nazioni interessate.” [34]
 
Quindi, Gardner concludeva:
 
“In breve, la ‘casa dell’Ordine mondiale’ dovrà essere costruita dal basso verso l’alto piuttosto che dal vertice verso la base. Essa sarà simile ad una grande ‘confusione rimbombante di rumori e di ronzii’, per usare la descrizione famosa di William James della realtà, ma l’erosione brano a brano della sovranità nazionale, a fine corsa, produrrà come risultato molto di più che un assalto frontale vecchio stile.”[35]
 
Nel 1992, Strobe Talbott scriveva un articolo per “Time Magazine”, dal titolo“The Birth of the Global Nation – La nascita della Nazione Globale”.  
 
Talbott lavorava come giornalista per “Time Magazine” da 21 anni ed era stato membro della Yale Corporation, amministratore della Hotchkiss School e della Carnegie Endowment for International Peace, direttore del Council on Foreign Relations, del Comitato Esecutivo del Nord America della Commissione Trilaterale e dell’Associazione Americana dei Rhodes Scholars, e membro del corpo docente partecipante al Forum Mondiale per l’Economia.  
 
Talbott ha ricoperto il ruolo di Segretario di Stato Aggiunto dal 1994 al 2001 durante l’amministrazione Clinton ed attualmente è presidente della Brookings Institution, uno dei più importanti centri studi usamericani.
 
Nel suo articolo, Talbott scriveva:
 
“Entro i prossimi cento anni, il concetto di nazione come noi lo intendiamo sarà obsoleto; tutti gli Stati riconosceranno un’unica, globale autorità.” 
E chiariva:
 
“Tutti i paesi sono fondamentalmente frutto di contratti sociali, di adattamenti a circostanze che cambiano. Non importa che ad un tempo possano sembrare permanenti e perfino con carattere sacrale, in realtà sono tutti artificiali e temporanei. Attraverso i secoli, c’è stata una generale tendenza verso unità più grandi che rivendicano la sovranità e, paradossalmente, una graduale diminuzione della quantità di vera sovranità che ogni paese effettivamente possiede.”[36]
 
Inoltre, continuava:
 
“Gli eventi del nostro secolo meraviglioso e terribile forniscono la prova conclusiva del bisogno di un governo mondiale. Con l’avvento dell’elettricità, della radio, degli spostamenti via aerea, il pianeta è diventato più piccolo che mai, gli scambi commerciali più liberi, le sue nazioni più interdipendenti e i suoi conflitti più sanguinosi.” [37]
 
David Rothkopf, uno studioso al Carnegie Endowment for International Peace, ex sottosegretario aggiunto al Commercio per gli Scambi Internazionali nell’amministrazione Clinton, ex direttore generale di Kissinger and Associates, e membro del Council on Foreign Relations, recentememnte ha scritto un libro dal titolo “Superclass: The Global Power Élite and the World They are Making – la Superclasse: l’élite di potere globale e il mondo che sta costruendo.”
 
In quanto membro di questa Superclasse, il suo scritto può fornire la necessaria conoscenza rispetto alla costruzione di questo Nuovo Ordine mondiale. 
 
Rothkopf afferma:
 
“In un mondo di movimenti e di minacce globali, che non presentano lasciapassare alle frontiere nazionali, non è più possibile per uno Stato-nazione agire da solo per svolgere al meglio la sua parte del contratto sociale…Progressi continueranno ad essere effettuati, tuttavia i cambiamenti necessitano di forte impegno, in quanto vengono indebolite molte strutture di potere, nazionali e locali, e vengono colpiti concetti culturali che sono radicati nelle fondamenta della civiltà umana, vale a dire la nozione di sovranità…Meccanismi di governance globale sono più realizzabili nel contesto odierno e questi meccanismi sono spesso creativi, con soluzioni momentanee ai problemi urgenti per un mondo che comunque non può più attendere di abbracciare una idea più grande e più controversa, quella di un vero e proprio governo mondiale.” [38]
 
Nel dicembre 2008, il Financial Times pubblicava un articolo dal titolo, “And Now for A World Government – È giunta l’ora del governo mondiale” , in cui l’autore, un ex associato del Bilderberg Group, Gideon Rachman, scriveva:
 
“Per la prima volta nella mia vita, ritengo che la formazione di una qualche sorta di governo mondiale sia plausibile…Un ‘governo del mondo’ dovrebbe significare molto più di una cooperazione fra le nazioni. Dovrebbe costituire un’entità con caratteristiche di tipo statuali, sostenuta da un corpo legislativo. L’Unione Europea ha già istituito un governo continentale per 27 paesi, che potrebbe essere preso a modello. L’Unione Europea ha una Corte suprema, una moneta legale circolante, migliaia di pagine di leggi, un vasto servizio civile e la capacità di dispiegare una forza militare.” [39]
 
Rachman sottolineava come “è sempre più evidente che le questioni più difficili che i governi nazionali devono affrontare sono di natura internazionale: il riscaldamento del pianeta, una crisi finanziaria globale, e la ‘guerra totale contro il terrorismo’.”
 
Allora, scriveva che il modello europeo poteva essere assunto come “globale” e che poteva “essere istituito” un governo mondiale:
 
“La crisi finanziaria e le variazioni climatiche stanno spingendo i governi nazionali verso soluzioni globali, perfino in paesi come la Cina e gli Stati Uniti che sono per tradizione tenaci custodi della sovranità nazionale.”
 
Egli citava un consigliere del presidente francese Nicolas Sarkozy, che dichiarava: “La governance globale è giusto un eufemismo di governo globale…Il motivo centrale della crisi finanziaria internazionale è che noi abbiamo mercati finanziari globali e non norme di legge globali.”
 
Tuttavia, Rachman afferma che ogni passo in avanti verso un governo globale “sarà un processo lento e gravoso. Il problema chiave in questa spinta in avanti può essere illustrato con un esempio dall’Unione Europea, che “ha dovuto sopportare una serie di umilianti sconfitte nei referendum, quando i progetti per ‘un’unione sempre più stretta’ erano stati sottoposti agli elettori. In generale, l’Unione ha registrato più rapidi progressi quando a stipulare accordi di vasta portata sono stati tecnocrati e politici – e quindi è avanzata senza fare diretto riferimento agli elettori.
 
La governabilità internazionale tende ad essere efficace solo quando è anti-democratica!” [40]
 

Il risveglio politico globale e la crisi economica globale  

Di fronte alla crisi economica globale, il processo che ha portato al “risveglio politico globale” è in rapida espansione, e nel contempo sono esacerbate e in larga diffusione le disuguaglianze e le disparità sociali, politiche ed economiche che hanno prodotto questo risveglio. 
 
Allora, il risveglio politico sta entrando in una fase in cui assumerà il carattere di una rapida trasformazione di espansione globale.
 
Questo risveglio politico globale, che Brzezinski ha illustrato come una delle principali sfide globali geopolitiche di oggi, fino a tempi recenti ha coinvolto in gran parte il “Sud Globale”, o “Terzo Mondo”, costituito dalle nazioni in via di sviluppo del Medio Oriente, dell’Asia Centrale e Sud-Orientale, dell’Africa e dell’America Latina.
 
Gli sviluppi che hanno avuto luogo negli ultimi decenni in Venezuela , Bolivia, Iran esemplificano l’orientamento nazionalista di buona parte di questo risveglio, che avviene in un mondo che si muove di moto sempre più crescente ed incrementale verso una governance globale e verso istituzioni globali.   
 
Nel 1998, Hugo Chavez è divenuto Presidente del Venezuela, dopo una campagna elettorale tutta incentrata su promesse di aiuto per la maggioranza povera della nazione.
 
Nel 2002, in Venezuela si è verificato un colpo di stato usamericano, ma Chavez ha conservato il suo potere, anzi è stato ulteriormente rafforzato dal tentativo di colpo di mano, e ha acquisito una grande esplosione di sostegno popolare.  
 
Chavez ha intrapreso quello a cui egli fa riferimento come un processo di “socialismo Bolivariano”, ed ha assunto una posizione decisa e veemente contro gli Stati Uniti nell’America Latina, a lungo considerata dagli Stati Uniti come il loro “cortile dietro casa”.
 
Improvvisamente, si è innescata una retorica virulenta, di disprezzo contro gli Stati Uniti, ed è aumentata l’influenza di Chavez nella regione, sostenuto com’è dall’enorme ricchezza di petrolio del Venezuela. 
 
In Bolivia, nel 2005 Evo Morales è stato eletto Presidente della nazione più povera del Sud America, ed inoltre è il primo leader indigeno di quel paese a detenere quella posizione di potere, dopo che la Bolivia è sempre stata dominata dall’aristocrazia fondiaria di discendenza spagnola. Evo Morales è salito al potere sull’onda di vari movimenti sociali all’interno della Bolivia, fra cui di spicco il movimento delle “guerre per l’acqua” che si instaurava nel 2000 a Cochabamba, la terza città della Bolivia. Le “guerre per l’acqua” venivano fomentate dopo che la Banca Mondiale costringeva la Bolivia a privatizzare la sua acqua, in maniera tale che compagnie usamericane ed europee potevano arrivare e acquisire i diritti sull’acqua della Bolivia, e questo significava che il popolo della nazione più povera del Sud America non poteva nemmeno più bere acqua pura senza pagare alle compagnie degli Stati Uniti e dell’Europa il “diritto” ad usarla. Per questo si è sollevata la rivolta e con questa è salito al potere Evo Morales.  
 
Ora, Morales e Chavez rappresentano nell’America Latina la “nuova Sinistra” e il sentimento crescente di anti-imperialismo contro gli Stati Uniti.
 
In Iran, questo paese caratterizzato più dal nazionalismo che da polarizzazioni di natura etnica, è diventato un obiettivo importante dell’ordine egemonico mondiale dell’Occidente, in quanto situato sopra ingenti riserve di gas e petrolio, ed è virulentemente anti-usamericano e fermamente contrario all’egemonia occidentale in Medio Oriente.
 
Comunque, con il montare della retorica usamericana contro l’Iran, le classi dirigenti del regime di questa nazione e le sue élite politiche sono sempre più incoraggiate e politicamente hanno assunto forza fra la loro gente, la maggior parte della quale è povera.  
 
Le condizioni economiche socio-politiche globali devono essere messe in relazione all’emergere e all’espandersi del “risveglio politico globale”.
 
A partire dal 1998, 3 miliardi di persone vivono con meno di 2 dollari al giorno, mentre 1,3 miliardi campano con meno di 1 dollaro al giorno. Il settanta per cento di coloro che vivono con meno di 1 dollaro al giorno sono donne. [41]
 
Nel 2003, una relazione della Banca Mondiale rivelava che “una minoranza della popolazione mondiale (17%) consuma la maggior parte delle risorse del mondo (80%), concedendo a quasi 5 miliardi di persone di vivere con il restante 20%. Come risultato, miliardi di persone vivono senza le necessità più elementari della vita – cibo, acqua, abitazione e servizi igienico-sanitari.” [42]
 
Considerando i dati statistici sulla povertà  e sulla fame, “oltre 840 milioni di persone nel mondo soffrono di malnutrizione – 799 milioni di malnutriti appartengono ai paesi del sottosviluppo .
 
Purtroppo, più di 153 milioni di affamati, (la metà dell’intera popolazione degli Stati Uniti), sono bambini di età inferiore ai 5 anni…Ogni giorno, 34.000 bambini sotto i 5 anni muoiono di fame o di altre malattie conseguenti alla malnutrizione. Questo dà come risultato 6 milioni di morti all’anno.”
 
Queste cifre corrispondono ad un “Olocausto per Fame”, che sta avvenendo ogni anno!
 
A partire dal 2003, “dei 6,2 miliardi di persone che vivono attualmente, 1,2 miliardi vivono con meno di 1 dollaro al giorno. Quasi 3 miliardi di persone vivono con meno di 2 dollari al giorno.” [43]
 
Nel 2006, una innovativa ed esauriente relazione rilasciata dall’Istituto Mondiale per la ricerca sulle economie in via di sviluppo dell’Università delle Nazioni Unite ( UNU- WIDER ) ha riportato che “i più ricchi in tutto il mondo, pari al 2% degli adulti, possiedono più della metà della ricchezza delle famiglie a livello mondiale.”
 
Questo il dato statistico incredibile e sbalorditivo: 
 
“I più ricchi fra gli adulti del mondo, pari all’1%, nel 2000 possedevano da soli il 40% delle disponibilità finanziarie, e il 10% degli adulti più ricchi incidevano per l’85% del totale mondiale. Al contrario, la metà della popolazione adulta mondiale delle classi inferiori possedeva appena l’1 % della ricchezza globale.”[44]
 
È utile ripetere questi dati: l’1 % al vertice possiede il 40 % del patrimonio mondiale; il 10% al vertice possiede l’85 % del patrimonio mondiale; e la parte subalterna pari al 50% possiede l’1% del patrimonio mondiale; cifre che in verità fanno riflettere.
Vi è del marcio in Danimarca!
 
Una relazione del Millennium Development Goals (MDG) afferma che nel 2009 “una popolazione valutata dai 55 ai 90 milioni di persone vivrà in condizioni di estrema povertà in anticipo su quanto previsto prima della crisi.”
 
Per di più, “la tendenza incoraggiante, già a partire dai primi anni ’60, dello sradicamento della fame nel mondo è stata rovesciata nel 2008, soprattutto a causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari.” La malnutrizione nei paesi in via di sviluppo è aumentata al 17% nel 2008, e “sono i bambini a doverne sopportare il fardello.” [45]
 
Nell’aprile 2009, un’importante istituzione benefica mondiale, la Oxfam, affermava che “due miliardi di dollari messi a disposizione del salvataggio delle banche avrebbero potuto bastare per porre fine alla povertà estrema globale per 50 anni[46]
 
Nel settembre 2009, la Oxfam sottolineava come la crisi economica “stava costringendo 100 persone-al-minuto in miseria.” La Oxfam ribadiva che “i paesi in via di sviluppo in tutto il mondo stanno lottando per far fronte alla recessione globale, che continua a tagliare i redditi, a distruggere il lavoro, ed ha contribuito a spingere il numero totale di persone che soffrono la fame nel mondo a superare il miliardo.” [47]
 
La crisi finanziaria ha colpito il mondo in via di sviluppo molto più duramente rispetto alle nazioni sviluppate del mondo occidentale.
 
Nel marzo 2009, le Nazioni Unite comunicavano che “la crescita ridotta nel 2009 costerà ai 390 milioni di persone che vivono in condizioni di estrema povertà nell’Africa sub-sahariana circa 18 miliardi di dollari, vale a dire 46 dollari per persona,” e “questa proiezione di perdita rappresenta il 20 per cento del reddito pro capite dei poveri dell’Africa – una cifra che fa sembrare minimi i danni subiti nel mondo sviluppato.” [48]
 
Così, la maggioranza della popolazione mondiale vive in assoluta povertà e disorganizzazione sociale. Questo è il risultato diretto dell’Ordine mondiale globalizzato, che è stato e continuerà ad essere imposto. Ora, mentre le infrastrutture stesse di questo Ordine stanno per essere ulteriormente sviluppate ed istituzionalizzate, le persone vengono indotte al “risveglio”, come mai prima. È la loro effettiva povertà ad indurle al risveglio.
 
Vi è un parametro apparentemente smarrito di giudicare una società, per come vengono trattati i suoi membri più deboli: la povertà. La miseria costringe a guardare il mondo in modo diverso, dato che i poveri soffrono per le dure restrizioni che la società ha imposto allo spirito umano. L’esistenza non può ridursi alla lotta per fare pagamenti settimana-per-settimana; per procurarsi l’acqua, un riparo e il cibo; per vivere secondo i dettami del denaro e del potere.
 
Guardate alla storia, e vedrete che da alcune delle società più oppressive può derivare il meglio dell’umanità. La Russia, una nazione che nella sua storia non ha mai sperimentato la vera libertà politica per l’individuo, è riuscita a produrre musiche e forme di espressione artistica e letteraria fra le più grandi, come protesta, vibrante di umanità, innalzata da una società tanto sopraffatta. E il fatto che tali trionfi dello spirito umano possono scaturire da queste tirannie sulla natura umana è una moderata ostentazione del grande mistero degli esseri umani.
 
Perché logorare l’umanità rendendola soggetta alla miseria? Pensate a quanto differente potrebbe essere la condizione umana, se a tutta l’umanità fosse stato consentito di prosperare individualmente e collettivamente; pensate a tutte le idee, alla forme di espressione artistica, agli sviluppi dell’intelletto e alla bellezza che noi non stiamo ottenendo da coloro che non hanno voce.
 
Fino a quando non affrontiamo questa questione fondamentale, qualsiasi concetto di umanità come “umanità civilizzata” risulta solo un gioco cinico. Se questa è la civilizzazione umana, non siamo ancora riusciti a capire molto su questo. Noi non abbiamo ancora definito in modo appropriato il concetto di “civilizzato”, e quindi abbiamo il bisogno di renderlo “umano”.  

L’Occidente e il risveglio  

Le classi medie del mondo occidentale sono sottoposte ad una drammatica transizione, in particolar modo sull’onda della crisi economica globale. Nel corso degli ultimi decenni, la classe media è divenuta una classe tutta condizionata dal debito, i cui consumi si sono incentrati quasi esclusivamente sul debito, e quindi la sua potenzialità di consumare e di essere la roccaforte sociale del sistema capitalista è una mera finzione.
 
Mai nella storia, la classe media, e specialmente i giovani con diploma di studio superiore inseriti da decenni nel più arduo mercato del lavoro, sono stati tanto a rischio. [49]
 
La crisi debitoria globale, che si è innescata in Grecia e si è diffusa attraverso le economie dell’euro-zona di Spagna, Portogallo, Irlanda e ultimamente all’Unione Europea nel suo complesso, colpirà più avanti la Gran Bretagna, il Giappone e senza riserve gli Stati Uniti. [50]
 
A questo punto saremo testimoni di una crisi del debito sicuramente mondiale.
 
I provvedimenti dei governi per far fronte alla questione del debito sono tutti orientati nel mettere in campo “misure di austerità fiscale”, per ridurre gli oneri del debito e per pagare gli interessi generati dai loro debiti.
 
Austerità fiscale” è un termine vago, che in realtà fa solamente riferimento a tagli della spesa sociale e ad un aumento delle tasse. Gli effetti che ne derivano sono la devastazione del settore pubblico, visto che tutti i pubblici servizi sono privatizzati, i lavoratori pubblici vengono licenziati in massa, la disoccupazione risulta dilagante, la sanità e l’istruzione pubblica si dissolvono, le tasse aumentano in modo drammatico e le monete correnti subiscono una svalutazione per rendere i pubblici servizi più appetibili ad essere acquisiti dalle corporation e dalle banche internazionali, mentre l’inflazione interna che si va a generare fa aumentare a dismisura i prezzi dei carburanti e degli alimenti.
 
In breve, “austerità fiscale” corrisponde a “distruzione dello stato sociale”, dato che i fondamenti sociali dei popoli e delle nazioni vengono loro sottratti. Ne deriva che gli Stati diventano dispotici ed opprimono i loro popoli, che naturalmente si rivoltano contro l’“austerità”: la sterilizzazione della società.     
 
L’“austerità fiscale” ha dilagato per i paesi in via di sviluppo per tutti gli anni ’80 e ’90 in risposta alla crisi del debito degli anni’80, che ha consumato l’America Latina, l’Africa e aree dell’Asia. Il risultato delle misure di austerità fiscale imposte alle nazioni dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) è stato lo smantellamento dello stato sociale delle nuove società e la loro conseguente resa in schiavitù da parte dei loro creditori internazionali, FMI, Banca Mondiale, corporation e banche occidentali. Si è innescata un’epoca di imperialismo economico e il FMI è stato lo strumento centrale di questo progetto imperiale.  
 
Attualmente, quando noi stiamo assistendo all’imperversare nel mondo della crisi del debito, è ancora il FMI che spinge sull’acceleratore per imporre “austerità fiscale”, in cambio di prestiti a breve scadenza, a quei paesi che devono pagare gli interessi sui loro esorbitanti debiti, a nazioni che sono in debito soprattutto nei confronti delle più importanti banche europee ed americane.
 
Le nazioni occidentali hanno concordato di imporre l’austerità fiscale, [51] che di fatto infiammerà solo la crisi, approfondirà la depressione e distruggerà i fondamenti sociali dell’Occidente, tanto che noi saremo consegnati ad un apparato autoritario di poteri statali, polizia, esercito, strutture di “sicurezza” interna, che saranno impiegati contro la gente per proteggere i poteri dello status quo.
 
Inoltre, il FMI ha affrontato la crisi economica globale con una nuova agenda, assegnando prestiti in una sua valuta artificiale – gli Special Drawing Rights (SDRs), i Diritti Speciali di Prelievo – un paniere di riserva internazionale di monete.
 
Il G20, nell’aprile del 2009, assicurava al FMI l’autorità di cominciare ad introdurre gradualmente le applicazioni di emissioni di SDRs, e quindi il FMI diventava in effetti una banca centrale globale che emette una valuta corrente mondiale. [52]
 
Allora, nel corso di questa crisi globale del debito, gli SDRs saranno erogati mondialmente, efficacemente e in abbondanza, quando le nazioni avranno bisogno di notevoli flussi di capitali e di prestiti per effettuare il pagamento degli interessi, o nell’eventualità di diventare inadempienti.
 
Questo avverrà ad un ritmo tanto rapido che non sarebbe stato mai concepibile se non in presenza di una crisi economica mondiale.
 
Lo stesso è avvenuto negli anni ’80, quando la natura dei “Programmi di Aggiustamento Strutturale (SAPs)” non aveva potuto essere puntualmente imposta se non a detrimento delle condizioni economiche, e alla fine provocando la devastazione sociale per quei paesi che avevano bisogno immediato di denaro, (visto che la crisi debitoria si era allargata ai paesi in via di sviluppo), e non erano in una posizione di poter negoziare.   
 
Attualmente si assisterà alla “globalizzazione” della crisi del debito degli anni ’80, però su una scala più larga e più devastante, e la reazione sarà parimenti globalizzata e devastante: la realizzazione aggiornata della “governance mondiale”.
 
Quando l’austerità colpirà l’Occidente, la classe media svanirà nell’oscurità e verrà assorbita dalla inferiore classe lavoratrice. [53] I giovani della classe media occidentale, compresa la maggioranza dei giovani con grado di istruzione elevato, saranno esposti ad una “povertà di aspettative” per cui cresceranno in un mondo in cui era stato promesso loro tutto e tutto verrà preso loro tanto rapidamente.
 
L’inevitabilità delle proteste, le rivolte, e le possibili ribellioni saranno tanto sicure come il sole che sorge.[54]
 
Negli Stati Uniti, l’emergere del movimento “Tea Party”, in larga parte, è rappresentativo di una crescente insoddisfazione nei confronti del governo e del sistema economico. Naturalmente, come ogni gruppo, comprende al suo interno elementi di radicalità ed estremismo, che tendono ad attirare la maggior parte dell’attenzione mediatica in un tentativo di influenzare l’opinione pubblica, ma il cuore e la forza guida del movimento risiedono nell’insoddisfazione popolare nei confronti del governo. Qualsiasi cosa si possa pensare della legittimità di tali movimenti di protesta, la gente non è contenta e la gente sta scendendo per le strade. E questo è l’inizio!   
 
Anche intellettuali di sinistra si sono espressi pubblicamente mettendo in guardia di non fare semplificazioni e di non tenere in poco conto il movimento Tea Party, dato il suo carattere estremista o radicale.
 
Uno di questi intellettuali, Noam Chomsky, in un suo discorso all’università nell’aprile 2010, avvertiva di avere la sensazione che il fascismo stesse arrivando negli Stati Uniti e dava questa spiegazione:
 
“Ridicolizzare le buffonerie del Tea Party è un errore serio, visto che i loro atteggiamenti sono comprensibili. Per più di 30 anni, i redditi effettivi sono ristagnati o sono diminuiti. Soprattutto, questo è avvenuto in conseguenza della decisione assunta negli anni ’70 di finanziarizzare l’economia. Ciò ha provocato il ‘risentimento di classe’, quando i banchieri, principali responsabili della crisi, hanno fatto baldoria con dividendi straordinari da record, mentre la disoccupazione ufficialmente ha raggiunto il livello del 10% e la disoccupazione nel settore manufattoriero è a livelli dell’epoca della Depressione. La stesso sistema economico finanziario tiene strettamente vincolato Obama, che infatti sta sostenendo gli interessi delle banche, e la gente se ne sta accorgendo.”[55]
 
Un’altra insigne intellettuale femminista di sinistra, Naomi Wolf, che durante l’amministrazione Bush ha scritto un libro sul sorgere del fascismo negli Stati Uniti, ha visto molta parte del suo messaggio raccolto dal movimento Tea Party; costoro (una considerevole minoranza) durante l’amministrazione Bush hanno rivolto da posizioni di destra la loro attenzione alla Wolf e si sono trovati d’accordo con le sue proposizioni.  
 
La Wolf ha fornito impulsi all’emergere di questo movimento ed ha ispirato molte delle idee fondamentali originarie del Tea Party.
 
In un’intervista del marzo 2010, la Wolf dichiarava che le sue elaborazioni ideologiche erano ancora più adatte a questo tempo di Obama che a quello di Bush.
 
Lei forniva questa spiegazione:
 
“Bush aveva legalizzato la tortura, però Obama sta legalizzando l’impunità. Egli aveva promesso di ritirare questa robaccia, invece sta istituzionalizzando queste cose per sempre. Tutto questo è terrificante e la sinistra sembra non accorgersene. La sinistra, tanto attiva sotto Bush, si è tranquillizzata sotto Obama, ed esiste comunque il potenziale per gli autentici intellettuali e, più in generale e in modo più importante, per la gente di mettersi in contatto fra di loro ad ampio spettro. 
La scorsa estate, sono stata invitata dai sostenitori di Ron Paul alla loro manifestazione di Washington e di questo ho avuto piacere. Ho incontrato tante persone che hanno ricevuto la mia stima, persone ‘comuni’  e non appartenenti a classi privilegiate. Loro avevano posto i piedi sul piatto, quando i miei liberal demograficamente privilegiati andavano in giro piagnucolando. Stanno suonando la sveglia ai libertari, che esiste un movimento progressivo che si preoccupa tanto per gli stessi problemi. Le loro opinioni sui liberal sono tanto distorte quanto le nostre sui conservatori.” [56]
 
Rispetto al movimento del Tea Party, la Wolf affermava:
 
“Il Tea Party non è monolitico. Esiste un conflitto fra soggetti che temono per la libertà e la Costituzione e la classe dirigente dei Repubblicani che tenta di imporre la propria egemonia e di indirizzare il movimento per i propri interessi…Su certe questioni, il Tea Party è avanti coi tempi.  Ero solita pensare che gli “End the Fed – Basta con la Federal Reserve” erano un po’pazzi. I media li dipingono come sconvolti. Ma ne è risultato che avevamo buone ragioni per prestare maggiore attenzione nei loro confronti.”[57]
 
Con il tempo, altri si uniranno al movimento del Tea Party e nuovi gruppi di attivisti, i movimenti contro la guerra dovranno rivitalizzarsi o decadere; da quando Obama è diventato presidente, la loro influenza, la loro capacità di farsi sentire e la loro dignità sono completamente svanite. Sono diventati espressioni non conflittuali e il loro silenzio è complicità; per questo, il movimento contro la guerra deve riaccendersi e riprendere vigore o entrerà in decomposizione.  
 
La sfiducia della “Sinistra” nei confronti delle corporation deve fondersi con la sfiducia della “Destra” nei confronti del governo per creare una fiducia nel “popolo”.
 
Presto, si uniranno ai movimenti di protesta anche gli studiosi, e le questioni sollevate dal movimento Tea Party e da altri movimenti della stessa natura potranno venire meglio inquadrate ed approfondite. 
 
Quando le classi medie dell’Occidente affonderanno nella povertà, saranno costrette ad un risveglio, e quando la gente non ha nulla, non ha più nulla da perdere.
 
Il solo modo per cui i poteri arroccati del mondo sono stati in grado di espandere la loro potenza e di mantenerla è stato con il consenso inconsapevole delle popolazioni dell’Occidente. Le questioni della guerra, dell’imperialismo, dell’economia e del terrorismo regolano e conformano la pubblica opinione e consentano ai pianificatori sociali di indirizzare e di riorganizzare la società. I popoli occidentali hanno consentito ad essere guidati in questo modo e hanno permesso ai nostri cinici governanti di essere così privi di umanità in nostro nome.
 
La gente è stata resa cieca dal consumismo e dai divertimenti. Oggi, immagini di celebrità, manifestazioni sportive professionistiche, Hollywood, iPods, blackberrys, e i personal computer consumano le menti delle persone, specialmente quelle dei giovani occidentali. É stata l’illusione di essere la classe consumatrice che ha indotto le nostre società ad essere governate con tanta noncuranza. Finché avremo le nostre TV e i nostri PC, noi non presteremo la nostra attenzione a nulla d’altro!  
 
Quando le potenzialità al consumo verranno esaurite, la gente entrerà in un periodo di grande risveglio.
 
Questo darà luogo a importanti movimenti politici, molti dei quali progressisti e alcuni regressivi, altri estremisti e radicali, alcuni violenti e dispotici, ma nel complesso nuovi, e in conclusione globali. Questo avverrà quando la gente arriverà a capire la situazione.
 
Questo sarà il tempo in cui la gente comincerà ad assumere consapevolezza che vi è grande verità nelle parole del dr. Martin Luther King: “L’ingiustizia in qualsiasi luogo del mondo avvenga è una minaccia alla giustizia dovunque.
 
Per questo, la lotta degli Africani diverrà la lotta degli Americani: o sarà libertà per tutti, o non sarà libertà per nessuno. 
 
Questa è la realtà politica più rilevante e la preminente minaccia globale alle strutture di potere mondiale. In tutta la storia dell’umanità, mai si è presentato un così imponente sviluppo come questa sfida monumentale allo status quo.
 
Come queste strutture di potere globale non hanno mai avuto paragone come enorme minaccia al genere umano, così l’umanità non ha mai presentato una così grandiosa minaccia al potere istituzionalizzato. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
 
Anche se le élite pensano certamente che spetta a loro il governo del mondo, la natura umana ha il modo di denunciare le storture in questa presunzione.
La natura umana non intende essere “controllata”, ma piuttosto essere educata e trattata con cura.   

Il punto di vista da una posizione di vertice

Di nuovo, è importante fare riferimento alle parole di Brzezinski, quando descrive questa nuova realtà geopolitica, fornendo preziose intuizioni non solo su come sia da definirsi il “risveglio politico globale”, ma, fattore più importante, su come questo venga percepito da quelli che detengono il potere.
 
Nel 2004, Brzezinski teneva una conferenza sul suo libro del 2004, “The Choice – L’alternativa”, al Carnegie Council. Il Carnegie Council è un centro studi con sede negli Stati Uniti, quindi Brzezinski si rivolgeva a coloro che erano potenzialmente interessati negativamente da tale risveglio.
 
Brzezinski affermava che era la politica estera usamericana sull’onda dell’11 settembre – la “Guerra al Terrorismo” – a costituire la sfida rilevante all’egemonia degli Stati Uniti, visto l’isolamento crescente degli Stati Uniti e la credibilità della nazione resa pregiudizievole, e i problemi nascosti sotto una cortina di virulenta retorica, che aveva il solo effetto di infiammare ulteriormente la sfida realmente effettiva: il risveglio politico globale.
 
Così egli si esprimeva:   
 
“Gli errori diagnostici [della nostra politica estera] vanno collegati ad una abbastanza imprecisa, eccessivamente astratta, altamente emozionale, semi-teologica definizione della principale minaccia che dobbiamo oggi affrontare nel mondo, e hanno avuto come conseguenza, considerata con superficialità, quella che io valuto essere la sfida globale senza precedenti, derivante dall’eccezionale fenomeno di un risveglio politico globale, veramente di massa, dell’umanità. Noi viviamo in un’epoca in cui con tutta evidenza l’umanità sta diventando politicamente consapevole ed attiva a livelli mai visti ed è questa condizione che sta producendo la grande questione dell’inquietudine internazionale. 
 
Ma noi non stiamo centrando la nostra attenzione su questo. Noi ci stiamo focalizzando soprattutto su una parola, che viene elevata a spettro, definità come entità, presentata come unificata in certo qual modo, ma non associabile con un evento o luogo specifico – e questa parola è terrorismo. Oggi, la sfida globale, in base a cui tendiamo ad agire politicamente, è la definizione di terrorismo con estensione mondiale, come principale sfida del nostro tempo. 
 
Io non voglio negare che il terrorismo sia una realtà, una minaccia a tutti noi, una minaccia preoccupante e una manifestazione perniciosa. Ma il terrorismo rappresenta un sintomo di qualcosa di più esteso e di più complicato, da mettere in relazione con l’inquietudine globale che si manifesta in molte parti del mondo e con modalità differenti.
 
Questa inquietudine è il prodotto di un risveglio politico, del fatto per cui attualmente masse enormi nel mondo non sono politicamente castrate, cosa che è avvenuta nel corso della storia. Hanno assunto consapevolezza politica. Questa può risultare poco definita, puntare verso differenti direzioni, essere primitiva, intollerante, detestabile, ma è sempre una forma di attivismo politico.”[58]
 
Brzezinski spiega che l’alfabetizzazione ha reso possibile una più grande presa di coscienza politica, mentre la TV ha consentito l’immediata consapevolezza delle ingiustizie globali e
l’Internet ha procurato le comunicazioni in tempo reale.
 
Inoltre, Brzezinski afferma:
 
“Molto di questo risveglio è anche stimolato dalla forte influenza degli Stati Uniti sul mondo, o in altri termini dall’impatto dell’imperialismo economico, politico e culturale usamericano.
Molto di questo risveglio è alimentato dalla globalizzazione, che gli Stati Uniti propongono, favoriscono e proiettano in virtù dell’essere una società globalmente tendente a farsi largo verso l’esterno.”
 
Brzezinski mette in guardia: “Però questo risveglio contribuisce anche ad instabilità, e sta dando inizio a qualcosa di completamente nuovo: vale a dire ad una qualche nuova sfida ideologica o dottrinale, che può colmare il vuoto creato dalla scomparsa del comunismo.”    
 
Brzezinski sottolinea come il comunismo, che nel secolo scorso era risultato una alternativa, “oggi è totalmente screditato, e nel mondo attuale siamo in presenza di un vuoto pragmatico di ideologie. Però, io sto osservando gli inizi, in documenti e in movimenti di agitazione, del generarsi di una dottrina che combina l’anti-usamericanismo con l’anti-globalizzazione, e questi due fattori possono diventare gli elementi di una forza potente in un mondo che è sicuramente ricco di ingiustizie e turbolento.” [59]
 
A seguito del suo discorso, veniva formulata a Brzezinski la richiesta di approfondire come prepararsi ad affrontare il concetto di “risveglio politico globale”.
 
Brzezinski ribadiva: “Noi affrontiamo il mondo così com’è, e noi siamo come siamo. Se usiamo la nostra potenza in modo intelligente e se ci muoviamo nella giusta direzione, non abbiamo alternative, dobbiamo solamente agire in questo modo, incrementalmente.” [60]
 
In altre parole, così Brzezinski ha messo a fuoco la sua visione della soluzione dei problemi del mondo, con la creazione delle condizioni della governance globale; diventa necessario agire “incrementalmente” in quello che lui definisce “uso della potenza in modo intelligente.”
 
La soluzione al “risveglio politico globale”, in una presa di visione dal vertice, è di continuare a creare l’apparato di un governo oppressivo del mondo. 
 
Il 23 aprile 2010, Zbigniew Brzezinski si è recato al Consiglio di Montreal per le Relazioni con l’Estero per una conferenza organizzata in collaborazione con il Consiglio Internazionale del Canada (CIC), il corrispondente canadese del Consiglio per le Relazioni con l’Estero degli Stati Uniti e della britannica Chatham House. Era presente la gran parte della élite intellettuale, sociale, politica ed economica del Canada.
 
Nel suo discorso, Brzezinski forniva un’analisi dell’attuale realtà geopolitica:
 
“Permettetemi di cominciare con una concisa definizione del contesto geopolitico in cui tutti noi ci troviamo, inclusi gli Stati Uniti d’America. E, secondo il mio punto di vista, questo contesto geopolitico è molto ben definito da nuove, anzi da due nuove realtà globali. La prima è la leadership politica globale – intesa da me come ruolo guida di alcune potenze nel mondo – che attualmente si è decisamente diversificata, differentemente da quello che è avvenuto fino a poco tempo fa. Fino ad un tempo abbastanza recente, il pianeta era dominato dal mondo atlantico, e questo si era protratto per svariati secoli. Non è più così. Oggi, la crescita e il miglioramento sociale dell’Estremo Oriente hanno creato una nuova, e decisamente differenziata, leadership globale, che in poche parole comprende una lista, che io propongo a titolo arbitrario e gratuito, di attori principali nella scena del mondo: gli Stati Uniti, chiaramente; forse subito dopo, ma forse, l’Unione Europea, dico forse perché la UE non è ancora un’entità politica; sicuramente, in maniera crescente e sotto gli occhi di tutti, la Cina; la Russia, specialmente per il motivo di essere una potenza nucleare al pari degli Stati Uniti, ma d’altro canto veramente carente rispetto a tutti i principali indicatori di ciò che costituisce il potere globale. Dietro alla Russia, forse come entità singole, ma a dimensione decisamente minore, collochiamo la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, il Giappone, sebbene privi di una posizione politica decisa; l’India sta crescendo, e quindi in questa cornice noi troviamo la nuova entità del G20, una leadership globale più diversificata, che manca di unità interna, con molti dei suoi membri in antagonismo bilaterale. Questo rende il contesto molto più complicato. L’altro importante cambiamento nelle questioni internazionali è che, per la prima volta in tutta la storia, l’umanità si è politicamente risvegliata. Questa è una realtà totalmente nuova – la nuova realtà globale. Non è mai avvenuto questo nella storia dell’uomo, fino agli ultimi cento anni. E nel corso dell’ultimo secolo il mondo intero si è politicamente risvegliato. La politica riveste un’importanza di impegno sociale, qualsiasi questione venga considerata, e in generale molti sanno quello che sta succedendo – quello che sta succedendo in generale – nel mondo, e si rendono consapevoli delle ingiustizie, delle disuguaglianze, della perdita di dignità, dello sfruttamento. Attualmente l’umanità è politicamente consapevole e in agitazione. La combinazione di queste due nuove realtà, la leadership globale diversificata, le masse politicamente consapevoli, crea un contesto molto più difficile per qualsiasi grande potenza compresa, al presente, la potenza mondiale guida: gli Stati Uniti.”[61]

Conclusione

Allora, la Rivoluzione Tecnologica ha prodotto una realtà geopolitica diametralmente opposta, antagonista e conflittuale: mai prima l’umanità è stata tanto attenta alle questioni concernenti il potere, lo sfruttamento, l’imperialismo e il dominio; e nello stesso tempo, mai prima le élite sono state così transnazionali e globali negli orientamenti, e con la capacità di imporre un tale sistema veramente globale di dispotismo scientifico e di oppressione politica.
 
Queste sono le due realtà geopolitiche dirimenti del mondo d’oggi. Riflettiamo su questo.
 
Mai, in tutta la sua storia, l’umanità è stata in grado di raggiungere un tale risveglio politico psico-sociale effettivamente globale; e però mai l’umanità si è trovata in così grande pericolo di venire soggetta ad un tale totalitarismo scientifico veramente globale, potenzialmente più oppressivo di qualsiasi altro sistema noto finora, e senza dubbio più tecnologicamente capace di imporre un permanente dispotismo sull’umanità. Per questo, noi siamo pieni di speranze, ma anche giustamente preoccupati.
 
In tutta la storia umana, mai il potenziale e le ripercussioni delle azioni e delle idee dell’uomo sono stati così grandiosi.
 
Immediatamente, le élite globali devono fare i conti con la realtà per cercare di dominare i popoli che in modo crescente stanno prendendo coscienza di sé e stanno sviluppando una globale consapevolezza. Allora, una popolazione sottoposta ad un dominio in Africa ha la possibilità di venire informata che un’altra popolazione viene sottoposta alle stesse forme di dominio in Medio Oriente, nell’America del Sud o in Asia; ed entrambe possono realizzare di subire il dominio da parte delle medesime strutture di potere globale. Questo è un punto chiave: non solo il risveglio globale rientra nelle loro possibilità, ma è insito nella natura delle cose; e all’interno dell’individuo origina una consapevolezza della condizione globale.
 
Quindi, si tratta di un “risveglio globale”, perché concerne sia l’ambiente esterno che la psicologia interna.   
 
Questa nuova realtà mondiale, associata al fatto che la popolazione mondiale mai ha avuto così vaste dimensioni, presenta una sfida alle élite che tentano di dominare i popoli di tutto il pianeta, popoli che hanno assunto piena consapevolezza delle effettive situazioni di ineguaglianza sociale, della guerra, della miseria, dello sfruttamento, della perdita di dignità, dell’imperialismo e del dominio.
 
Da ciò ne deriva direttamente che questi popoli richiederanno in modo significativo maggior impegno per il loro controllo: economico, politico, sociale, psicologico e spirituale. Quindi, dal punto di vista dell’oligarchia globale, il solo metodo per imporre l’ordine e il controllo – su questa eccezionale condizione nella storia umana è scatenare il caos organizzato delle crisi economiche, della guerra e della rapida espansione ed istituzionalizzazione di una forma di dittatura scientifica globale.
 
Le nostre speranze vengono riposte sulla paura degli oligarchi; e la loro sola speranza è riposta in una nostra più grande paura. 
 
Una volta Charles Dickens ha scritto: “Era il migliore dei tempi, era il peggiore dei tempi.” Tutto ciò non è mai stato tanto vero, come lo é ai giorni nostri.

Fonte :  The Global Political Awakening and the New World Order
http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=19873

Traduzione di  Curzio Bettio. Tlaxcala

Andrew Gavin Marshall è ricercatore associato al Centro per le Ricerche sulla Globalizzazione, (CRG), ed è studioso di  storia ed economia politica in Canada. Con Michel Chossudovsky è coautore del recente libro, “The Global Economic Crisis: The Great Depression of the XXI Century,” disponibile per ordinazione a Globalresearch.ca.
 

Note

[1] Zbigniew Brzezinski, The Global Political Awakening. The New York Times: 16 dicembre 2008: http://www.nytimes.com/2008/12/16/opinion/16iht-YEbrzezinski.1.18730411.html

[2] Zbigniew Brzezinski, “Major Foreign Policy Challenges for the Next US President,” International Affairs, 85: 1, (2009), pagina 53

[3] AFP, A new brain for Barack Obama. The Economist: 14 marzo 2007: http://www.economist.com/blogs/democracyinamerica/2007/03/a_new_brain_for_barack_obama

[4] Zbigniew Brzezinski, The Dilemma of the Last Sovereign. The American Interest Magazine, autunno 2005: http://www.the-american-interest.com/article.cfm?piece=56

[5] Ibid.

[6] Ibid.

[7] Ibid.

[8] Ibid.

[9] Ibid.

[10] Ibid.

[11] Ibid.

[12]     Michael Collins, Brzezinski: On The Path To War With Iran. Global Research: 25 febbraio 2007: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=4920

[13] Andrew Gavin Marshall, Origins of the American Empire: Revolution, World Wars and World Order. Global Research: 28 luglio 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=14552 ; vedi sezioni, “World War Restructures World Order,” e “Empire, War and the Rise of the New Global Hegemon,” per uno sguardo sulla rete di collegamenti interdipendenti di think tank.

[14] John Stauber e Sheldon Rampton, The Father of Spin: Edward L. Bernays & The Birth of PR. PR Watch, Second Quarter 1999, Volume 6, No. 2: http://www.prwatch.org/prwissues/1999Q2/bernays.html

[15] Andrew Gavin Marshall, Origins of the American Empire: Revolution, World Wars and World Order. Global Research: 28 luglio 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=14552 ; Andrew Gavin Marshall, Controlling the Global Economy: Bilderberg, the Trilateral Commission and the Federal Reserve. Global Research: 3 agosto 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=14614

[16] Andrew Gavin Marshall, Controlling the Global Economy: Bilderberg, the Trilateral Commission and the Federal Reserve. Global Research: 3 agosto 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=14614

[17] Zbigniew Brzezinski, Between Two Ages: America’s Role in the Technetronic Era. (Viking Press, New York, 1970), pagina 10

[18] Ibid, pagina 12.

[19] Ibid, pagina 29.

[20] Ibid, pagina 97.

[21] Ibid.

[22] Andrew Gavin Marshall, Controlling the Global Economy: Bilderberg, the Trilateral Commission and the Federal Reserve. Global Research: 3 agosto 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=14614

[23] Michel J. Crozier, Samuel P. Huntington e Joji Watanuki, The Crisis of Democracy. (Relazione presso la Trilateral Commission sulla governabilità delle democrazie, New York University Press, 1975), pagina 61

[24] Ibid, pagina 62.

[25] Ibid, pagina 71.

[26] Ibid, pagine 74-75

[27] Ibid, pagina 77.

[28] Ibid, pagina 93.

[29] Ibid, pagine 113-114.

[30] Ibid, pagina 115.

[31] Andrew Gavin Marshall, Forging a “New World Order” Under a One World Government. Global Research: 13 agosto 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=14712

[32] Anne-Marie Slaughter, The Real New World Order. Foreign Affairs: settembre/ottobre 1997: pagine 184-185

[33] Richard N. Gardner, The Hard Road to World Order. Foreign Affairs: aprile 1974: pagina 556

[34] Ibid, pagina 558.

[35] Ibid.

[36]     Strobe Talbott, America Abroad. Time Magazine: 20 luglio 1992: http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,976015,00.html

[37] Ibid.

[38] David Rothkopf, Superclass: The Global Power Élite and the World They are Making. (Toronto: Penguin Books, 2008), pagine 315-316

[39] Gideon Rachman, And now for a world government. The Financial Times: 8 dicembre 2008: http://www.ft.com/cms/s/0/7a03e5b6-c541-11dd-b516-000077b07658.html

[40] Ibid.

[41] Jeff Gates, Statistics on Poverty and Inequality. Global Policy Forum: maggio 1999: http://www.globalpolicy.org/component/content/article/218/46377.html

[42] Social & Economic Injustice, World Centric, 2004: http://worldcentric.org/conscious-living/social-and-economic-injustice

[43] Ibid.

[44] GPF, Press Release: Pioneering Study Shows Richest Own Half World Wealth. Global Policy Forum: 5 dicembre 2006: http://www.globalpolicy.org/component/content/article/218/46555.html

[45] UN, The Millennium Development Goals Report 2009. United Nations, New York, 2009: pagina 4

[46] G20 Summit: Bank bailout would end global poverty, says Oxfam. The Telegraph: 1 aprile 2009: http://www.telegraph.co.uk/finance/financetopics/g20-summit/5087404/G20-Summit-Bank-bailout-would-end-global-poverty-says-Oxfam.html

[47] Press Release, 100 people every minute pushed into poverty by economic crisis. Oxfam International: 24 settembre 2009: http://www.oxfam.org/en/pressroom/pressrelease/2009-09-24/100-people-every-minute-pushed-poverty-economic-crisis

[48] Press Release, Financial crisis to deepen extreme poverty, increase child mortality rates – UN report. UN News Center: 3 marzo,2009: http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=30070

[49] Andrew Gavin Marshall, Western Civilization and the Economic Crisis: The Impoverishment of the Middle Class. Global Research: 30 marzo 2010: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=18386

[50] Andrew Gavin Marshall, Debt Dynamite Dominoes: The Coming Financial Catastrophe. Global Research: 22 fenbbraio 2010: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=17736

[51] Reuters, G20 communique after meeting in South Korea. G20 Communiqué: 5 giugno 2010: http://www.reuters.com/article/idUSTRE6540VN20100605

[52] Andrew Gavin Marshall, Forging a “New World Order” Under a One World Government. Global Research: 13 agosto 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=14712 ; per una più succinta analisi, Andrew Gavin Marshall, The Financial New World Order: Towards a Global Currency and World Government. Global Research: 6 aprile 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=13070

[53] Andrew Gavin Marshall, Western Civilization and the Economic Crisis: The Impoverishment of the Middle Class. Global Research: 30 marzo 2010: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=18386

[54] Andrew Gavin Marshall, The Global Economic Crisis: Riots, Rebellion and Revolution. Global Research: 7 aperile 2010: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=18529

[55] Matthew Rothschild, Chomsky Warns of Risk of Fascism in America. The Progressive: 12 aprile 2010: http://www.progressive.org/wx041210.html

[56] Justine Sharrock, Naomi Wolf Thinks the Tea Parties Help Fight Fascism — Is She Onto Something or in Fantasy Land? Alternet: 30 marzo 2010: http://www.alternet.org/news/146184/naomi_wolf_thinks_the_tea_parties_help_fight_fascism_–_is_she_on_to_something_or_in_fantasy_land__

[57] Ibid.

[58] Zbigniew Brzezinski, The Choice: Global Domination or Global Leadership. Discorso al Carnegie Council: 25 marzo 2004: http://www.cceia.org/resources/transcripts/4424.html

[59] Ibid.

[60] Ibid.

[61] Zbigniew Brzezinski, America’s Geopolitical Dilemmas. Discorso al Canadian International Council e Montreal Council on Foreign Relations: 23 aprile 2010: http://www.onlinecic.org/resourcece/multimedia/americasgeopoliticaldilemmas
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