La Guerra Mediatica alla Libia: Giustificare la Guerra attraverso la Menzogna e le Manipolazioni

La guerra in Libia – PARTE II

Nella prima parte di questo testo, sono stati trattati gli eventi che hanno portato alle condizioni che crearono il contesto dell’attuale conflitto in Libia. Il presente testo prende in esame gli eventi che vanno in direzione della guerra della NATO in Libia. La distorsione dei media e la disinformazione hanno svolto un ruolo di primo piano nell’aprire la via alla guerra in Nord Africa. I media non ha fatto nulla di meno che creare, attraverso una serie di bugie, la giustificazione per la guerra.


La Libia e la nuova Divisione Imperiale dell’Africa
L’Odissea del “ritorno” in Africa delle potenze imperialiste
– by Mahdi Darius Nazemroaya – 2011-04-26

Le violenze a Bengasi

L’epicentro di partenza delle violenze in Libia è stata Bengasi, che si trova nella regione costiera della Cirenaica o Barqa. [1] Secondo le fonti del governo degli Stati Uniti:

La sera del 15 febbraio [2011] […] manifestazioni iniziarono quando alcune centinaia di persone si sono radunate davanti alla sede della polizia di Bengasi, per protestare contro l’arresto dell’avvocato e attivista dei diritti umani Fethi Tarbel. Come la giornata di rabbia “17 febbraio [2011]” si avvicinava, le proteste ebbero un’escalation a Bengasi e in altre città, nonostante i riferiti tentativi della polizia di disperderle con cannoni ad acqua, gas lacrimogeni, proiettili di gomma e manganelli. Vi furono diversi rapporti di manifestanti che incendiavano edifici della polizia e altri governativi. [2]

Il vortice scoppiò a Bengasi, dopo che un gruppo di manifestanti era entrato in una locale caserma per prendere le armi nell’armeria. Quando questo è accaduto, le forze libiche nella guarnigione locale hanno reagito sparando sui manifestanti. Da lì, la situazione a Bengasi ha subito un’escalation e le cose sono andate fuori controllo.

Una pausa è qui richiesta e deve essere presa. È qui che un’analisi critica è necessaria. Ci sono due modi di percepire gli eventi di Bengasi. Una prospettiva dal punto di vista rivoluzionaria e l’altra è dal punto di vista dello Stato e dei soldati. Se tutti i pregiudizi vengono messi da parte, entrambe le prospettive avranno i loro seguaci.

Si deve rilevare che le autorità libiche per anni, hanno oppresso l’opposizione politica e che le persone hanno il diritto di resistere alla tirannia. [3] D’altra parte, deve essere inteso che in ogni paese, inclusi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, i soldati e le forze di sicurezza faranno fuoco su persone che attaccano un compound militare o di polizia, con l’intenzione di acquisirne le armi. [4] In questo senso gli eventi in Libia sono fondamentalmente diversida quelli dell’Egitto.

Il punto non è la legittimità di ciò che è accaduto, quando i soldati e forze di sicurezza hanno aperto il fuoco, ma piuttosto il fatto che i governi che hanno accusato Tripoli, sono ipocriti. Questi stessi governi avrebbero risposto esattamente nello stesso modo.

Non vi è alcun monopolio della violenza a livello di Stato. Il massacro della Kent State University del 4 maggio 1970, quando dei pacifica studenti manifestanti contro la guerra, furono uccisi dalla US National Guard dell’Ohio, ne è la prova. Basta guardare le reazioni della Casa Bianca, Londra e dell’Unione europea verso le atrocità in Bahrain, contro una popolazione civile inerme che lotta per i diritti umani elementari, per vedere la loro falsa postura e le loro lacrime di coccodrillo. Anche gli Stati Uniti hanno ben accolto l’intervento militare di Al-Saud in Bahrain, per reprimere militarmente il popolo del Bahrain.


Il doppio standard sulla Libia e sul Bahrain e le altre dittature arabe

In Egitto, Stati Uniti e UE hanno chiesto moderazione sia ai manifestanti che al regime di Mubarak, ed hanno chiesto a entrambe le parti di trattare con l’altra. Gli inviti alla moderazione sono pura ipocrisia. Gli Stati Uniti e l’UE fecero le richieste di moderazione ad entrambe le parti, anche se i manifestanti egiziani erano disarmati e pacifici e il regime di Mubarak usava violenza ed era la sola parte armata. Gli appelli alla calma avrebbero dovuto essere fatte solo al regime egiziano e non ai protestanti pacifici e disarmati. I casi del Bahrain e della Tunisia sono al riguardo simili.

Un atteggiamento completamente diverso è stato applicato dagli Stati Uniti e dall’Unione europea alla Libia, rispetto all’atteggiamento che si è avuto in Tunisia, Egitto, Bahrein, Oman, Yemen, Giordania, Marocco, Arabia Saudita, e con la corrotta Autorità Palestinese. Nessuna sanzione è stata applicata nei confronti delle autorità del Bahrain dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, quando i militari del Bahrain senza preavviso hanno palesemente attaccato i manifestanti pacifici nella Manama Pearl Square. I manifestanti del Bahrein erano completamente sereni, ma questo non ha impedito al governante Al-Khalifa di dare l’ordine di fuoco indiscriminato sulla folla di manifestanti del Bahrain.

In Bahrain, un regno del terrore e assassinio si è scatenato contro il popolo, da parte di Al-Khalifas e Al-Saud, cosa che è stata semplicemente ignorata dall’Unione europea e da Washington. Una intera popolazione viene sistematicamente terrorizzati dall’odiata e onnipresente famiglia dominante, imposta dall’estero e indesiderata. Ospedali e bambini sono stati brutalmente attaccati. Medici e dirigenti sindacali sono stati uccisi. Le moschee sono state rase a terra da bulldozer e un intero popolo è stato messo in detenzione. Il Bahrain è una seconda Palestina. Ironia della sorte, Al-Khalifa è stato ringraziato da Washington, dalla NATO, e dai leader dell’Unione europea, per far parte della coalizione contro i libici. Il regime di Al-Khalifa è stato presentato anche dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, come un modello di governo arabo.

In un palese atto di ipocrisia, i regimi del petro-sceiccati arabi, che hanno spinto la Lega Araba a domandare la no-fly zone sulla Libia, sono stati presentati come amministratori e rappresentanti delle masse arabe da Hillary Clinton e dai leader dell’Unione europea. [5] Come sarebbero dei rappresentanti dei popoli arabi, come sarebbero stati scelti dagli arabi, o anche essere solo popolari presso l’opinione pubblica araba? Gli emiri del Golfo arabo (Khaliji) sono l’antitesi della rappresentanza popolare.

In realtà, questi sceiccati arabi sono pochi individui che si comportano come vogliono, e non sono in alcun modo rappresentativi di una qualsiasi opinione dei propri cittadini. Quindi è estremamente falsa e ipocrita, quando Hillary Clinton, Monsieur Sarkozy e David Cameron, presentano questi emirati arabi come rappresentanti del popolo arabo e delle posizioni arabe. Questi despoti arabi non sono i rappresentanti dei sentimenti Arabi, essi rappresentano solo se stessi e reprimono i veri sentimenti arabi.

In contrasto con le condanne verbali e le sanzioni contro la Libia, non sono state adottate misure contro gli Al-Khalifa in Bahrain. Mentre le affermazioni sui jet che attaccavano i libici erano state fabbricate, le prove del fuoco indiscriminato contro i manifestanti – compresi dai carri armati – sono state verificate dai video dal Bahrein e dai gruppi dei diritti umani. Le reazioni sul Bahrain e la Libia, e i rapporti dei media su entrambi i paesi arabi, sono stati diametralmente opposti.


Doppio standard sui mercenari

La maggior parte delle forze usate da Al-Khalifah, in Bahrain, erano stranieri e mercenari. Comprendevano personale militare straniero dalla Giordania e dall’Arabia Saudita. Come accennato in precedenza, Al-Saud aveva anche inviato rinforzi militari in Bahrain per schiacciare le proteste civili. Eppure, c’è stato una sistematica ed esagerata enfasi posta sui mercenari stranieri di Gheddafi.

L’impiego di mercenari stranieri in Bahrain è stato evidenziato dai media? La risposta è no. Inoltre, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e i loro alleati, non sono in una posizione fondata su motivi morali, per criticare Tripoli per l’utilizzo di mercenari. Tutte queste potenze hanno attivamente e apertamente usato e assunto mercenari – molto più che la Libia – sotto la terminologia di contractor o imprese private di sicurezza. La Gran Bretagna ha anche una intera brigata di mercenari, la Brigata Gurkha, che addestra anche con le forze statunitense. La Legione straniera francese è anch’esso un gruppo di soldati stranieri alle dipendenze di Parigi. Washington è il più grande datore di lavoro per mercenari e cacciatori di taglie del pianeta.

Questo è anche il motivo per cui la sesta sezione della risoluzione 1970 sulle sanzioni delle Nazioni Unite (pace e la sicurezza in Africa) emessa contro Tripoli dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, impedisce in modo specifico di perseguire i mercenari provenienti da paesi che non sono firmatari della Corte penale internazionale (CPI). [6] Inoltre, questo è legato a Gran Bretagna e Stati Uniti, che prevedono di inviare un esercito di mercenari in Libia, nel quadro delle loro future operazioni terrestri. Risoluzione 1970, l’articolo 6 recita:

Decide che, attuali o ex ufficiali o personale da uno Stato al di fuori della Jamahiriya libica araba, che non fa parte dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, saranno soggetti alla giurisdizione esclusiva di tale Stato, per tutti i presunti atti od omissioni derivanti da o in relazione, alle operazioni in Libia, stabilite o autorizzate dal Consiglio, a meno che tale competenza esclusiva sia stata espressamente rinunciata da parte dello Stato[.] [7]

Il Daily Telegraph in Gran Bretagna ha anche fatto notare, in un commento a una notizia che esponeva il doppio standard applicato sotto il nome di giustizia internazionale e umanitarismo:

Il punto chiave, affermava il paragrafo, è che chiunque provenga da un paese non-ICC, sospettato di aver commesso crimini in Libia, “è soggetto alla giurisdizione esclusiva” del proprio paese. E’ stato inserito nonostante Susan Rice, ambasciatrice USA alle Nazioni Unite, dicesse che tutti coloro “che massacrano civili” devono “risponderne personalmente”.

Parlando ai giornalisti, al di fuori della camera di consiglio, Gerard Araud, l’ambasciatore francese alle Nazioni Unite, ha descritto il paragrafo come “una linea rossa per gli Stati Uniti”, e cioè che ai diplomatici statunitensi era stato ordinato dai loro padroni a Washington, di fissarla. “È stato un insuccesso, e questo è il motivo per cui abbiamo accettato questo testo, per avere l’unanimità del Consiglio”, ha detto [Gerard] Araud. [8]

La Risoluzione 1970 emette anche un embargo sulle armi a Tripoli, e fa tutta una serie di richieste alla Libia, che nessuno degli altri stati arabi che opprimono le loro popolazioni, è stato invitato a rispettare. Anche quando i rapporti di uccisioni, da parte delle forze governative, sono state verificate, nulla del genere è stato applicato a Egitto, Tunisia, Yemen, Giordania, o Bahrain. In un altro caso di doppio standard e una presa in giro, la Lega araba ha anche sospeso la Libia dall’organizzazione pan-araba, per il suo ricorso alla violenza. La maggioranza dei membri della Lega araba, dall’Autorità palestinese all’Arabia Saudita e all’Egitto, hanno brutalmente usato violenze contro i manifestanti pacifici, anche mentre criticavano la Libia. Quando gli altri leader arabi usano anche la forza per reprimere i propri cittadini, essi forniscono una piattaforma agli Stati Uniti e all’Unione europea per emarginare la Libia. Usando una frase impiegata da palestinesi, libanesi e iracheni per descrivere il comportamento degli sceiccati arabi e delle dittature presidenziali contro i loro paesi, si può affermare che un altro “complotto arabo” è in atto. La Libia è stata tradita, proprio come i capi corrotti della Lega araba hanno tradito la Palestina, il Libano e l’Iraq.


Alimentare le fiamme: armare entrambi le parti

In Libia, gli Stati Uniti e i loro partner dell’UE soffiano sul fuoco della sedizione. Una guerra civile prolungata è nel loro interesse. Permette loro di indebolire la Libia come stato e di manipolare l’opinione pubblica mondiale con un discorso manipolato che favorisce l’interventismo. Sia l’inganno che la tattica del divide et impera sono in gioco. In parole semplici, gli USA e l’UE stanno giocando su entrambi i lati. Hanno fornito sostegno materiale a entrambe le parti. In primo luogo hanno sostenuto Gheddafi con hardware e addestramento militare fino all’inizio del 2011, mentre ora sostengono le forze contro Gheddafi. Se si riferiscono alla Libia come “campo di sterminio“, allora dovrebbe esser ricordato che si tratta di un “campo di sterminio” che esse hanno creato e reso possibile.

Washington ha avuto mano in tutte le violenze in Libia. Né l’amministrazione Bush, né l’amministrazione Obama hanno evitato l’addestramento militare dei libici:

Per l’anno fiscale 2010, l’amministrazione Obama ha chiesto 350mila dollari per il finanziamento International Military Education and Training (IMET) per la Libia, per “sostenere l’istruzione e la formazione delle forze di sicurezza libiche, la creazione di legami vitali con gli ufficiali libici dopo 35 anni di pausa nei contatti.” La Partecipazione al programma IMET rese anche possibile, al governo libico, acquistare ulteriore addestramento militare dagli Stati Uniti, ad un costo ridotto. L’esercizio fiscale 2009 dell’amministrazione Bush, richiese il finanziamento IMET indicando che “il governo della Libia avrebbe pagato l’addestramento e l’istruzione supplementari con fondi nazionali.” Tuttavia, nessun finanziamento IMET è stato fornito nel 2009, secondo i documenti del bilancio del Dipartimento di Stato.

L’amministrazione Obama ha anche chiesto l’assistenza per la Libia del Foreign Military Financing, per la prima volta coll’anno fiscale 2010, con l’obiettivo di fornire assistenza all’aviazione libica per sviluppare le sue capacità di trasporto aereo, e alla Guardia costiera libica, per migliorare le proprie capacità di pattugliamento costiero e delle operazioni di ricerca e salvataggio. L’assistenza FMF per la finanziaria del 2011, viene richiesta per sostenere la partecipazione libica in un programma che aiuta i paesi che cercano di mantenere e migliorare le loro flotte di aerei da trasporto di fabbricazione USA, C-130. [9]

Le vendite di armi di Londra al governo di Gheddafi sono state significative: “Secondo il Department for Business Innovation [and] Skills (BIS), sono state concesse licenze per l’esportazione di armi, per un valore di 181,7 milioni di sterline, dalla [Gran Bretagna] alla Libia, nel terzo trimestre del 2010 – e per più di 22 milioni nel secondo trimestre.” [10] Sulla base degli accordi tra Tony Blair e il colonnello Gheddafi, la Gran Bretagna avrebbe anche addestrato i membri delle forze di polizia libica, tra cui un maggiore e un brigadiere, alla Huddersfield University nel West Yorkshire, durante l’inizio del conflitto in Libia. [11]

I doppi standard applicati da queste potenze sono visibili in ogni sfumatura e tessuto delle loro azioni. L’Associated Press (AP) ha inconsapevolmente indicato ciò in un rapporto che riassume la Conferenza di Londra sulla Libia:

Il Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, ha detto che negoziati per garantire l’uscita di Gheddafi erano stati condotti con “discrezione”, e che non vi erano opzioni sul tavolo che non fossero stati ancora formalizzati. Quello che è indispensabile, è che ci siano paesi che siano disposti ad accogliere Gheddafi e la sua famiglia, ovviamente, per porre fine a questa situazione che altrimenti potrebbe andare avanti per qualche tempo,” ha detto. Frattini aveva detto che sperava che qualche nazione avrebbe fatto una proposta. Ma il diplomatico italiano ha insistito che non vi era alcuna possibilità di immunità per Gheddafi. “Non possiamo promettere un sicuro ‘salvacondotto’“, aveva sottolineato. [12]

Mentre si condanna Gheddafi, dicendo che non avrà “immunità”, hanno anche parlando di un “porto sicuro” dove avrà l’immunità. Inoltre, mentre i britannici hanno detto che sanno molto poco del Consiglio transitorio di Bengasi, l’ammiraglio James Stavridis ha detto alla US Armed Service Committee che egli, sia come capo della US European Command (EUCOM) che della NATO, è ben consapevole della composizione dell’opposizione. [13] Questo è una contraddizione, in tal caso Londra dice una cosa, ma il capo delle operazioni militari per la NATO, dice qualcosa di diverso.

Allo stesso tempo gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e i loro alleati hanno lasciato aperta la possibilità di tradire anche il Consiglio di transizione. Questo comportamento è tipico della politica estera di Londra, Washington e dei loro alleati. William Hague ha accennato a ciò: “‘Noi [significando Gran Bretagna, Stati Uniti e i loro alleati] non dobbiamo mai essere soddisfatti del modo in cui eventi come questo potrebbero condurre,’ aveva detto. ‘Se le cose vanno male nella regione in modo duraturo, ci potrebbero essere nuove opportunità per il terrorismo o l’estremismo.'”[14] Così, lo spettro di al-Qaida e dei suoi legami con il Consiglio di transizione, sta iniziando ad emergere dal quadro e dal discorso.

La guerra di propaganda: la distorsione mediatica sulla Libia

La gestione delle percezioni è stata utilizzata per avviare la guerra contro la Libia e per supportare l’aggressione contro la Libia. Questo fa parte di una tradizione che il Pentagono e la NATO hanno seguito. Tutte le grandi guerre che gli Stati Uniti hanno combattuto, hanno coinvolto grandi bugie mediatiche. In Vietnam ci fu l’incidente del Golfo del Tonchino, in Jugoslavia le affermazioni sul genocidio etnico, in Afghanistan i tragici eventi dell’11 settembre 2011, di cui furono incolpati i taliban, e in Iraq le bugie sulle armi di distruzione di massa (WMD) e la cooperazione tra Baghdad e Osama bin Laden. I media mainstream erano nella prima linea d’attacco, in queste guerre di aggressione.

Per quanto riguarda l’Iraq, il governo statunitense aveva presentato una falsa testimone al Congresso degli Stati Uniti che, fingendo di essere un’infermiera kuwaitiana, aveva testimoniato che i soldati iracheni avevano gettato via 312 neonati dalle incubatrici, in Kuwait, per farli morire. [15] Questo è stato usato per galvanizzare l’opinione pubblica degli Stati Uniti, per sostenere la guerra contro l’Iraq nel 1991. L’infame infermiera testimone Nijrah (Nayirah) Al-Sabah, era la figlia dell’inviato del Kuwait a Washington. Ebbe anche lezioni di recitazione da parte dell’impresa di pubbliche relazioni (PR) prima che lei desse la falsa testimonianza, con cui George H. Bush Sr. giustificò l’entrata in guerra contro l’Iraq. [16]

 
A sinistra: N. Al-Sabah, l’alias infermiera Nayirah, racconta al Congresso degli Stati Uniti che gli iracheni uccidono i bambini kuwaitiani.
A destra: abbattimento della statua di Saddam Hussein a Baghdad, un classico esempio di distorsione mediatica coordinata con il Pentagono.

I falsi attacchi dei jet sui civili

Alla fine della guerra del Golfo, Saddam Hussein era stato demonizzato, dopo aver represso le ribellioni che furono istigate dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Ora Gheddafi è presentato come Saddam Hussein, come un mostro che uccide il suo stesso popolo. La giustificazione per instaurare la no-fly zone sulla Libia, che in effetti è una cortina fumogena per il lancio di una guerra non dichiarata, è stato supportata da dichiarazioni che sostenevano che i jet militari libici stavano attaccando i manifestanti civili. Il Financial Times la pena di citare per illustrare come falsi resoconti dei media sono stati utilizzato per sostenere un intervento militare da parte dei leader della NATO:

“Non dobbiamo tollerare questo regime usi la forza militare [riferendosi agli attacchi aerei] contro il proprio popolo”, ha detto David Cameron, primo ministro [inglese]. “In questo contesto, ho chiesto al ministero della Difesa e al Capo di Stato Maggiore della Difesa, di lavorare con i nostri alleati sui piani per una una no-fly zone militare.” [17]

Funzionari degli Stati Uniti e UE fecero dure condanne verbali contro il colonnello Gheddafi, quando questi rapporti sugli attacchi aerei ai manifestanti vennero pubblicati. Non c’è niente che avvalorasse questa tesi. Le relazioni si rivelarono false come le affermazioni sulle armi di distruzione di massa in Iraq. Questo tipo di criminali falsificazioni non dovrebbe essere permesso, ne restare impunito.

L’esercito russo aveva monitorare la Libia dallo spazio e non aveva visto segni di attacchi di aerei a reazione contro i civili. [18] Nessuna prova dai satelliti che evidenziassero anche i danni causati dagli aviogetti. Né fu prodotta una singola prova video di questo, mentre ogni tipo di ripresa stava uscendo dalla Libia. Il Pentagono, l’UE e la NATO avevano tutti accesso alla stessa tecnologia satellitare e all’intelligence per verificare se tali attacchi fossero stati effettuati, il che significa che sapevano che i rapporti erano falsi.

Gli aerei militari Libici furono coinvolti solo successivamente, durante il conflitto, nelle missioni per bombardare i depositi di munizioni, per impedire ai ribelli di ottenere le armi. Questo accadde abbastanza tardi nel conflitto e, dopo che i media avevano fatto le affermazioni sui jet che sparavano sui manifestanti. Il potere aereo libico era praticamente inesistente prima e dopo l’intervento straniero. L’Ammiraglio Locklear, che è il comandante della Marina militare statunitense che ha guidato gli attacchi al momento della scoppio della guerra, aveva anche detto ai giornalisti che “L’Aviazione della Libia, prima delle operazioni della coalizione, ‘non era in buono stato’, e che le capacità tattiche della Libia consisteva in diverse decine di elicotteri.” Nonostante questa realtà, il potere aereo libico è stato sistematicamente dipinto come una grave minaccia per i civili libici.

Chi c’è dietro i massacri e gli atti di brutalità in Libia?

Anche delle storie sono state presentate sulle forze libiche che uccidevano persone all’interno delle proprie file, perché si rifiutavano di combattere. Le prove video dalla Libia, in realtà hanno dimostrato che le riprese video presentato accanto a questi rapporti sulla Libia, erano state manipolate. Non erano la forze libiche che hanno ucciso questi uomini, ma gli elementi all’interno dell’opposizione libica. Sono anche apparsi video che mostrano le torture e il trattamento brutale dei civili, tra cui un bambino, da elementi tra le fila dei ribelli armati.

 
È stato sostenuto dai media mainstream che questi uomini sono stati uccisi dai lealisti di Gheddafi, ma la prova video dimostra che ciò è falso.

L’opzione Salvador viene utilizzata in Libia. Speculativamente, questi elementi ribelli probabilmente lavorano come agenti stranieri. Filmati sono emerso su un bambino in un ospedale libico che viene soccorso dai medici dopo che era stato torturato. I medici stanno cercando il ragazzino che ha una sottile paletto che attraverso il suo corpo, che passa da vicino il suo pene fino in fondo, alla sua spalla sinistra. Il video mostra qualcosa di molto importante. Cosa è successo al bambino non è opera di persone qualsiasi laico. Queste erano persone che dovevano essere state addestrate alla tortura, a causa del modo cui il paletto attraversava il corpo del ragazzino, che non è stato ucciso dall’incisione. Ciò mette in evidenza attori esterni alla Libia. Questi casi di tortura ricordano i casi brutali e gli omicidi compiuti in El Salvador e poi nell’Iraq occupato dagli anglo-americani.

Deve inoltre essere sottolineato che la Gran Bretagna ha inviato commando in Iraq, che erano travestiti da arabi locali, per bombardare le moschee locali e aree civili, al fine di creare la lotta settaria tra gli iracheni. [20] Non è al di là del regno della possibilità, che anche questo sia in corso di replica tra i libici e gli altri popoli arabi, al fine di dividerli e ad alimentarne i conflitti civili. Né va dimenticata la foto ritoccata, pubblicata dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti, sugli iracheni che salutano le forze anglo-americane come liberatori.

   
I membri del SAS britannico, catturati e arrestati dalla polizia di Bassora, in Iraq, che dovevano radere con gli esplosivi un luogo pubblico, travestiti da gente del posto.

La demonizzazione razzista dei libici neri da parte dei media mainstream

Anche se Gheddafi ha utilizzato mercenari provenienti da Europa e Africa, rapporti razzista ed esagerati sui mercenari sono stati seminati a livello globale sui cosiddetti “mercenari africani.” Molti membri delle forze armate libiche e della popolazione libica in generale, sono stati presentati come stranieri provenienti da altri paesi africani. In realtà, molti libici sono di pelle nera.

Essere un arabo non attribuisce a qualcuno un particolare fenotipo o aspetto fisico, perché è l’uso della lingua araba che definisce l’identità araba. Gli arabi possono essere di pelle nera o di carnagione mediterranea o di carnagione chiara con capelli biondi. Lo stesso è vero per un berbero. Questo è anche molto vero per tutti i libici e di altri nordafricani. Molti libici sono di pelle nera. Essi non sono stranieri o mercenari. Tra i libici negroidi vi sono lgi Haratins (haratìns) e il popolo Tuareg (Kel Kel Tamajaq o Tamashq) nel sud. Questi sono libici come gli altri abitanti del paese. Anche se ci sono mercenari stranieri in Libia, quello che i media esterni sono riusciti a fare, è stato di repertoriare alcuni di questi libici di pelle nera, in servizio coi militari e le forze di polizia libici, sotto l’etichetta di mercenari stranieri. Ciò è stato fatto per demonizzare Gheddafi e per creare un’atmosfera di intervento, perché Gheddafi è stato presentato come colui che assassina il proprio popolo con un imponente esercito di mercenari africani. Inoltre, l’ondata di cacce ed assassini di “libici neri” o lavoratori stranieri provenienti dall’Africa sub-Sahara, che in molti casi sono stati barbaramente decapitati e mutilati, è stata ignorata perfino dai media stessi che hanno parlato dei mercenari africani usati da Gheddafi.

   
Uno dei gruppo di uomini del cui omicidio è stato falsamente accusato il colonnello Gheddafi.
Gli era capitato di essere un nero libico e sembrava essere il più alto in grado lì.

La disinformazione in merito alla velocità delle proteste anti-Gheddafi

Per esortare alla guerra in Libia, ogni tipo di rapporto impreciso è stato fabbricato da British Broadcasting Corporation (BBC), Sky News, CNN e altre grandi reti. Per esempio Al Jazeera ha riferito che Shokri Ghanem, un alto funzionario dell’energia della Libia, era fuggito dalla Libia, ma la Reuters aveva confermato che questo non era vero. [21] Ghamen ha protestato per le falsità di Al Jazeera, in un’intervista alla Reuters: “Questo è vero, non sono nel mio ufficio e io sarò in tv tra pochi ‘minuti Ghamen, aveva detto al telefono.’” [22]

All’inizio dell’invasione anglo-americana dell’Iraq, i media occidentali affermavano quasi quotidianamente che i carri armati statunitensi erano alle porte di Baghdad. Qualcosa di simile è stato riportato sulla Libia, per quanto riguarda le proteste anti-Gheddafi. Rapporti non corretti furono diffusi su città che erano cadute, ma in realtà dei vecchi video venivano mandati in onda o dei filmati di altre città libiche, venivano mostrate nelle reti televisivi. Altre relazioni hanno sostenuto che si svolgevano importanti combattimenti a Tripoli e che parti della città erano cadute, quando Tripoli era in realtà in pace da giorni. In seguito, i termini “credito” e “ha affermato” sono stati sistematicamente utilizzati, quando questi rapporti vennero diffusi nel tentativo di rivendicare le informazioni distorte o non corrette. Il 26 febbraio 2011, delle relazioni sostenevano che tutte le principali città libiche non erano più sotto il controllo del governo libico.

Questo era falso. Città come Sabha (al centro della Libia), Sirte/Surt (sulla costa intermedia della Libia), Ghat (al confine a sud, con l’Algeria), Al-Gifra, Al-Azizya (vicino Tripoli) e Tripoli, erano tutte sotto il controllo del governo di Gheddafi. [23] Nel complesso, l’originale copertura degli avvenimenti in Libia fece grossolanamente esplodere una violenza sproporzionata, al fine di giustificare l’ordine del giorno di un intervento straniero. Come nel caso dell’Iraq, con il tempo i popoli del mondo se ne rendono conto, ma quelli che hanno contribuito a creare queste relazioni fabbricate, saranno ritenuti responsabile per aver avviato e sostenuto una guerra?

La propaganda di guerra in Libia

Si deve, tuttavia, riconoscere che la guerra della propaganda si combatte su più lati. Gli Stati Uniti e i loro alleati non detengono il monopolio della propaganda. Ci sono quattro importante controparti nella guerra dei media. Il governo libico a Tripoli e il Consiglio di transizione di Bengasi sono stati anch’essi coinvolti nella “gestione della percezione.” A parte i grandi media dall’estero, ci sono due facce distinte della guerra mediatica in Libia.

All’inizio dell’intervento della NATO in Nord Africa, il governo libico a Tripoli aveva riferito che aerei da combattimento francesi e del Qatar erano stati abbattuti. Il governo libico presentò su Jamahiriya News dei libici che avevano sostenuto che vi erano i piloti di tre aerei francesi e due aerei del Qatar abbattuti. La notizia arrivò durante la salva di apertura della guerra, fu breve e non venne più discussa in seguito. [24] Inoltre, il governo libico e la Jamahiriya Broadcasting Corporation, avevano anche cercato di presentare la cattura di una nave civile italiana, come una vittoria militare della Libia contro l’Italia e la NATO.

Il Consiglio di transizione stava anche conducendo una intensa propaganda di guerra. Con l’aiuto del Qatar, il Consiglio di transizione ha cretao la propria televisione e un notiziario del Consiglio. [25] Questo è come il Los Angeles Times ha descritto le notizie gestite dal consiglio di transizione:

“Non sono proprio dei media giusti ed equilibrati. Infatti, come [Mohammed G.] Fannoush [l’ex bibliotecario che gestisce i mezzi di comunicazione dal Consiglio di transizione] ha utilmente sottolineato [nelle propria parole], ci sono quattro regole inviolabili nella copertura delle due stazioni radio, della stazione TV e dei giornali ribelli:

-Nessun reportage o commento pro-[Gheddafi] (almeno fino a quando il tiranno di Tripoli non sarà deposto).

-Non si parla di guerra civile. (Il popolo libico, a est e a ovest, è unificato in una guerra contro un regime totalitario.)

-Nessuna discussione su tribù o tribalismo. (C’è solo una tribù: la Libia.)

-Nessun riferimento ad al-Qaida o all’estremismo islamico. (E’ propaganda [di Gheddafi].) [26]

Inoltre, Fannoush stesso, come il capo dei media dell’opposizione ha riconosciuto al Los Angeles Times, i media di Bengasi fungono da portavoce del Consiglio di transizione. [27] Il New York Times, che ha prevalentemente sostenuto il Consiglio di transizione, è più schietto riguardo alla credibilità del Consiglio di Transizione: “Come i capi dei media statali libici, i ribelli non ritengono di conformare la propaganda alla fedeltà alla verità, sostenendo inesistenti vittorie sui campi di battaglia, affermando che stavano ancora combattendo in una città chiave, giorni dopo la ritirata davanti alle forze di Gheddafi, e gonfiando enormemente le affermazioni sui suoi barbari [atti].” [28]

Le forze del Consiglio di transizione hanno anche arrestato e interrogato dei giornalisti russi. Questo è a causa della sfavorevole copertura in generale, della guerra della Nato in Libia, da parte dei giornalisti russi. Due giornalisti di Komsomolskaya Pravda e tre giornalisti televisivi della NTV, che è di proprietà di Gazprom, sono stati rapiti e rilasciati ai primi di aprile 2011 dal Consiglio di Transizione. [29]

La Leadership del Consiglio di transizione ha sempre sostenuto l’intervento militare

Contraddicendo affermazioni non solo fatte da Washington e dai suoi alleati. Le figure dell’auto-nominato Consiglio di Transizione di Bengasi che si oppongono a Gheddafi, hanno anche fatto affermazioni contraddittorie. Il Consiglio di transizione è stato descritto come simile al regime di Gheddafi, perché “tutto il Consiglio ribelle funziona solo sulla base dei legami familiari.” [30] Inoltre, le dichiarazioni del Consiglio di transizione contro Gheddafi, sono simili a quelle fatte da Ahmed Chalabi e dal Congresso nazionale iracheno contro Saddam Hussein.

Prendiamo ad esempio la posizione del generale Abdul Fatah Al-Yunis (Al-Younis), Ministro dell’Interno di Gheddafi che ha disertato. Generale Al-Yunis ha detto: “Credeva che l’occidente dovrebbe essere pronto a lanciare attacchi aerei contro il palazzo del Colonnello Gheddafi a Tripoli, per impedirgli [di] attaccare il popolo libico con armi chimiche o provocando moltissime vittime in altro modo. Ha [anche detto che] era anche a favore della creazione di una no-fly zone internazionale al più presto possibile.”[31]

Ancora più importante, c’è un divario enorme tra il Consiglio di transizione e i libici che presumibilmente rappresentano. A Bengasi e dintorni ci sono poster in lingua inglese destinati alle telecamere dei media stranieri, che dicono “no all’intervento straniero”, “il popolo libico può farcela da solo” e “No all’intervento militare straniero“, un messaggio che rappresenterebbe il sentimento popolare tra i libici della parte anti-Gheddafi. Il diffuso sentimento contro gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, in particolare, esisteva anche a Bengasi e nella regione di Barqa.

Il buono, il brutto e il cattivo in Libia

Nonostante ciò che le fonti di informazione straniere sostengono fin dall’inizio della rivolta, il governo di Gheddafi aveva il controllo della maggior parte del paese, con l’appoggio della maggioranza della popolazione, in particolare nella parte occidentale e meridionale della Libia. Oggi, Gheddafi ha ancora un ampio sostegno all’interno dell’apparato di sicurezza e militare del suo paese, per non parlare della sua tribù, delle milizie e della gente comune di Tripoli.

Ciò che la guerra contro la Libia ha fatto, è allargare la base di sostegno a Gheddafi. Il patriottismo è un fattore enorme. Molte brave persone che si opponevano a Gheddafi, in un modo o nell’altro, si sono unite e hanno fatto blocco con Gheddafi e il suo regime. Hanno fatto questo, perché credono che devono restare uniti per impedire che la Libia cada preda degli Stati Uniti e della loro coalizione, ridivenendo una nuova e divisa colonia. Per loro Gheddafi non è il vero bersaglio, la Libia e l’Africa sono i veri obiettivi.

In un certo senso il buono, il cattivo e il brutto si sono riunite nelle fila del regime libico. Questo è anche uno dei motivi per cui il Pentagono e la NATO stanno lavorando per fare in modo che le divisioni interne in Libia continuino ad essere alimentate. Metteranno i libici l’uno contro l’altro per dividere la Libia.

Il popolo libico è stato trascinato in una trappola ed è stato tratto in inganno. Si deve inoltre rilevare che il buono, il brutto e il cattivo sono riuniti sul versante dell’opposizione guidata dal Consiglio di transizione di Bengasi. I nemici della vera libertà del popolo libico, hanno approfittato della situazione in Libia.

Vi è molto da biasimare sulla Libia, ma il suo popolo non deve combattersi. Libia collettivamente e nel suo complesso, ha perso nel momento in cui la violenze sono iniziate. Né si può lasciare che gli stranieri risolvano le dissidenze tra i libici. Qualsiasi soluzione deve essere interna, senza alcuna interferenza straniera.

Mahdi Darius Nazemroaya specialista sul Medio Oriente e Asia Centrale. È un Ricercatore Associato al Centre for Research on Globalization (CRG).
Traduzione di Alessandro Lattanzio.

Note

1 Cirenaica è un nome che viene utilizzato più frequentemente ora dalla stampa e dai governi del Nord America e dell’Unione europea, compreso il governo degli Stati Uniti. E’ un nome usato per indicare la Libia orientale, nell’antichità. E’ stato ufficialmente utilizzato in Libia, nel periodo della monarchia.

2 Christopher M. Blanchard e James Zanotti, “Libya: Background and US Relations,” Congressional Research Service (CRS), February 18, 2011, p.6.

3 Così, i cittadini hanno il diritto di prendere le armi contro le autorità illegittime che usano violenza per mantenere il controllo, se si tratta di una potenza occupante o di un regime oppressivo. E’ sotto l’ombrello di questo principio che i movimenti di resistenza prendono le armi e il Secondo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti è stato creato. I manifestanti di Bengasi potrebbero esercitare un diritto naturale, nella realizzazione della loro emancipazione. Per giustificare questo, però, le loro motivazioni e il loro intento devono essere noti. Se il caos o l’emancipazione sono degli obiettivi, ciò dev’essere discusso, e se la sommossa ha iniziato a causa di soggetti esterni, deve essere preso in considerazione.

4 Ciò non giustifica qualsiasi azione di un governo o delle autorità, ma è riconosciuto essere una prassi standard.

5 Nicole Gaouette, “Clinton Says Arab League Vote for No-Fly Zone Changed Minds,” Bloomberg, March 16, 2011.

6 United Nations Security Council, UN Security Council Resolution 1970 (Peace and Security in Africa), 6491st Meeting, February 26, 2011, S/RES/1970 (2011): <http://www.un.org/Docs/sc/unsc_resolutions11.htm>; la scelta e la formulazione del nome per la Risoluzione 1970 sono state usate come mezzo per mascherare la violazione della sovranità libica.

7 Ibid., pp.2-3.

8 Jonathan Swaine, “Libya: African mercenaries ‘immune from prosecution for war crimes,’” The Daily Telegraph (UK), February 27, 2011.

9 Blachard e Zanotti, “Libya: Background and US,” Op. cit, p.14.

10 Alice Johnson, “Fox Defend’s West’s arms sales to Libya,” Gulf News, April 3, 2011.

11 David Barrett e Rebecca Lefort, “Britain trains 100 members of Gaddafi’s feared police,” The Daily Telegraph (UK), March 6, 2011.

12 David Stringer, “Top envoys agree Libya’s Moammar Gadhafi must step down but don’t discuss arming rebels,” Associated Press (AP), March 29, 2011.

13 Ibid.; United States Senate Armed Services Committee, US European Command and US Strategic Command in review of the Defense Authorization Request for Fiscal Year 2012 and the Future Years Defense Program, 112th Congress, 2011, 1st Session, 29 March 2011.

14 Stringer, “Top envoys agree,” Op. cit.

15 To Sell A War, Martyn Gregory (Thames Television, 1992).

16 Ibid.

17 Daniel Bombay, James Blitz, and Roula Khalaf, “West casts military net around Libya,” Financial Times, March 1, 2011.

18 “’Airstrikes in Libya did not take place’ – Russian military,” News, Russia Today (RT) (Moscow: March 1, 2011); la relazione della RT è stato fatta dalla giornalista Irina Galushko.

19 Karen Parrish, “Task force commander provides Libya update,” American Forces Press Service, March 22, 2011.

20 British Broadcasting Corporation (BBC) News, “Iraq probe into soldier incident,” September 20, 2005.

21 Alexander Lawler, “Libya top oil official says still in office,” Reuters , March 31, 2011.

22 Ibid.

23 Durante gli orari delle relazioni, questo è stato verificato essere non corretto, grazie a resoconti personali dalla Libia.

24 Nota personale, tramite contatti personali in Libia, ho cercato di ottenere le immagini dei piloti, che erano state mandato in onda dalla TV libica, e le loro informazioni, ma le emittenti libiche non le hanno rilasciate. Ragioni di sicurezza sono state usate per giustificare la decisione. La televisione di stato libica ha anche diretto i miei contatti personali al ministero delle informazioni, che non ha voluto rilasciare alcuna delle informazioni o delle immagini. Questo era tutto assurdo, perché le immagini erano già state trasmesse e presentate al pubblico della Libia.

25 David Zucchino, “The voice of Libya’s rebellion is up and spinning,” The Los Angeles Times, April 7, 2011.

26 Ibid.

27 Ibid.

28 David D. Kirkpatrick, “Hopes for a Qaddafi Exit, and Worries of What Comes Next,” The New York Times, March 21, 2011.

29 Russian News e Information Agency (RIA Novosti), “All five Russian journalists set free by Libyan rebels,” April 8, 2011; ITAR-TASS, “FM insists Russian journalists observe security rules in Libya,” April 9, 2011.

30 Kirkpatrick, “Hopes for a Qaddafi Exit,” Op. cit.

31 Liam Fox, “Liam Fox: Libya crisis shows why we’re right on defence reform,” The Sunday Telegraph (UK), February 26, 2011.


About the author:

An award-winning author and geopolitical analyst, Mahdi Darius Nazemroaya is the author of The Globalization of NATO (Clarity Press) and a forthcoming book The War on Libya and the Re-Colonization of Africa. He has also contributed to several other books ranging from cultural critique to international relations. He is a Sociologist and Research Associate at the Centre for Research on Globalization (CRG), a contributor at the Strategic Culture Foundation (SCF), Moscow, and a member of the Scientific Committee of Geopolitica, Italy.

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