O.k. per l’ogiva nucleare B61-12: andrà ad Aviano

Usa. In contemporanea all'accordo sul nucleare, l’annuncio del riuscito test in volo nel poligono di Tonopah in Nevada

«Oggi è una gior­nata sto­rica ed è un grande onore per noi annun­ciare che abbiamo rag­giunto un accordo sulla solu­zione nucleare ira­niana, per ren­dere il nostro mondo più sicuro»: così ha detto a Vienna Fede­rica Moghe­rini, Alto rap­pre­sen­tante Ue per gli affari esteri.

Quasi con­tem­po­ra­nea­mente giun­geva dagli Stati uniti un altro annun­cio: «La U.S. Air Force e la Nnsa (Natio­nal Nuclear Secu­rity Admi­ni­stra­tion) hanno com­ple­tato, nel poli­gono di Tono­pah in Nevada, il primo test in volo dell’ogiva nucleare B61-12», desti­nata a sosti­tuire la B61, la bomba nucleare Usa stoc­cata ad Aviano e Ghedi Torre in un numero sti­mato in 70–90, parte di un arse­nale di almeno 200 stoc­cate anche in Ger­ma­nia, Bel­gio, Olanda e Turchia.

La riu­scita del test «prova il con­ti­nuo impe­gno degli Stati uniti di man­te­nere la B61», comu­nica la Nnsa. Spe­ci­fica quindi che «la B61-12, dotata di una sezione di coda, sosti­tuirà le bombe B61-3, –4, –7, –10 nell’attuale arse­nale nucleare Usa». Viene dun­que uffi­cial­mente con­fer­mato che la B61 sarà tra­sfor­mata da bomba a caduta libera in bomba «intel­li­gente», che potrà essere sgan­ciata a grande distanza dall’obiettivo. La B61-12 a guida di pre­ci­sione, il cui costo è pre­vi­sto in 8–12 miliardi di dol­lari per 400–500 bombe, si con­fi­gura come un’arma poli­va­lente, con una potenza media di 50 kilo­ton (circa quat­tro volte la bomba di Hiroshima).

Essa svol­gerà la fun­zione di più bombe, com­prese quelle pro­get­tate per «deca­pi­tare» il paese nemico, distrug­gendo i bun­ker dei cen­tri di comando e altre strut­ture sot­ter­ra­nee in un first strike nucleare».

La sosti­tu­zione della B61 con la B61-12, annun­cia la Nnsa, «for­ni­sce sicu­rezza ai nostri alleati». Lo dimo­stra il fatto che ad Aviano (nella foto) e Ghedi le bombe nucleari sono tenute in spe­ciali han­gar insieme ai cac­cia pronti per l’attacco nucleare: F-15 e F-16 sta­tu­ni­tensi e Tor­nado ita­liani, i cui piloti ven­gono adde­strati all’attacco nucleare. In Ita­lia, nel 2013 e 2014, si è svolta la Stea­d­fast Noon (Mez­zo­giorno riso­luto), l’esercitazione Nato di guerra nucleare, a cui l’anno scorso hanno par­te­ci­pato anche F-16 polac­chi. In tal modo l’Italia viola il Trat­tato di non-proliferazione che, all’articolo 2, sta­bi­li­sce: «Cia­scuno degli Stati mili­tar­mente non-nucleari, si impe­gna a non rice­vere da chic­ches­sia armi nucleari o altri con­ge­gni nucleari esplo­sivi, né il con­trollo su tali armi e con­ge­gni esplo­sivi, diret­ta­mente o indirettamente».

L’ammodernamento delle armi nucleari Usa schie­rate in Europa rien­tra nella cre­scente corsa agli arma­menti nucleari. Secondo la Fede­ra­zione degli scien­ziati ame­ri­cani, gli Usa man­ten­gono 1.920 testate nucleari stra­te­gi­che pronte al lan­cio (su un totale di 7.300), in con­fronto alle 1.600 russe (su 8.000). Com­prese quelle fran­cesi e bri­tan­ni­che, le forze nucleari della Nato dispon­gono di circa 8.000 testate nucleari, di cui 2.370 pronte al lan­cio. Aggiun­gendo quelle cinesi, pachi­stane, indiane, israe­liane e nor­d­co­reane, il numero totale delle testate nucleari viene sti­mato in 16300, di cui 4.350 pronte al lancio.

E la corsa agli arma­menti nucleari pro­se­gue con la con­ti­nua moder­niz­za­zione degli arse­nali. Per que­sto la lan­cetta dell’«Orologio dell’apocalisse», il segna­tempo sim­bo­lico che sul «Bul­le­tin of the Ato­mic Scien­tists» indica a quanti minuti siamo dalla mez­za­notte della guerra nucleare, è stata spo­stata da 5 a mez­za­notte nel 2012 a 3 a mez­za­notte nel 2015, lo stesso livello del 1984 in piena guerra fredda.

Par­ti­co­lar­mente alto il rischio che un giorno pos­sano essere usate armi nucleari in Medio Oriente, dove l’unico paese a pos­se­derle è Israele, che a dif­fe­renza dell’Iran non ade­ri­sce al Trat­tato di non-proliferazione. Secondo le stime, le forze armate israe­liane pos­sie­dono 100–400 testate nucleari, com­prese bombe H, con una potenza equi­va­lente a quasi 4mila bombe di Hiro­shima. I vet­tori com­pren­dono oltre 300 cac­cia sta­tu­ni­tensi F-16 e F-15, armati anche di mis­sili israelo-statunitensi Popeye a testata nucleare, e circa 50 mis­sili bali­stici Jeri­cho II su rampe di lan­cio mobili. Israele pos­siede inol­tre 4 sot­to­ma­rini Dol­phin, modi­fi­cati per l’attacco nucleare, for­niti dalla Ger­ma­nia, che lo scorso set­tem­bre ha con­se­gnato il quarto dei sei previsti.

Inol­tre gli Stati uniti hanno fir­mato accordi per la for­ni­tura ad Ara­bia sau­dita, Bah­rain ed Emi­rati arabi di tec­no­lo­gie nucleari e mate­riale fis­sile con cui pos­sono dotarsi di armi nucleari. L’Arabia sau­dita ha uffi­cial­mente dichia­rato (The Inde­pen­dent, 30 marzo 2015) che non esclude di costruire o acqui­stare armi nucleari, con l’aiuto del Paki­stan di cui finan­zia il 60% del pro­gramma nucleare militare.

Il rischio sce­neg­giata per Vienna 2015 è dun­que forte. Per­ché men­tre si pun­tano i riflet­tori sull’Iran, che non ha armi nucleari e il cui pro­gramma nucleare civile è veri­fi­ca­bile, si lascia in ombra il dramma della corsa agli arma­menti nucleari per con­vin­cere l’opinione pub­blica che, con l’accordo sul nucleare ira­niano, «il mondo è più sicuro».

Manlio Dinucci


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About the author:

Manlio Dinucci est géographe et journaliste. Il a une chronique hebdomadaire “L’art de la guerre” au quotidien italien il manifesto. Parmi ses derniers livres: Geocommunity (en trois tomes) Ed. Zanichelli 2013; Geolaboratorio, Ed. Zanichelli 2014;Se dici guerra…, Ed. Kappa Vu 2014.

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