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La guerra imperialista contro la Siria: Erdogan Pasha, l’ultimo sultano ottomano
By Fida Dakroub
Global Research, June 14, 2013

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Generalità
Ad un ricevimento presso il palazzo presidenziale di Damasco, il 9 agosto 2011, il capo della diplomazia turca, Ahmet Davutoglu comunicò al presidente siriano Bashar al-Assad un messaggio duro e fermo, chiedendogli di porre fine alla “sanguinosa repressione delle manifestazioni pacifiche in Siria [1]” prima che fosse troppo tardi. In quella giornata indimenticabile, Davutoglu arrivò a Damasco, dopo giorni e notti a cavallo dell’altopiano anatolico. Al suo arrivo davanti le mura della città, evitò il suq e i caravanserragli del vecchio quartiere e rapidamente si precipitò a Qasr al-Muhajerin, il palazzo presidenziale, circondato da fiori di acacia e gardenia. Senza far seccare il sudore sulla fronte o togliendosi la polvere che gli copriva il becco [2] si appoggiò sul bastone e il guanto di Carlo Magno [3], e si pose davanti Assad come Gano [4] davanti Marsiglia [5], e pieno di arroganza, iniziò il suo discorso da messaggero della Santa Alleanza arabo-atlantica. Infatti, Ahmet Davutoglu era arrivato nella capitale degli omayyadi con un messaggio “deciso”, secondo le parole del primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan; Davutoglu fu inviato dalla Santa Alleanza a consegnare al presidente siriano Assad un messaggio occidentale, dentro una busta araba e con timbro di spedizione della turca PTT (posta ve telgraf teskilati) [6].

Inizio della guerra imperialista contro la Siria
Basta fare un parallelo con le dichiarazioni dei leader arabo-atlantici nello stesso periodo, per sapere fino a che punto la Turchia sia coinvolta, fin dall’inizio, nella guerra contro la Siria. La prova è che durante il suo incontro con il presidente Assad, Davutoglu disse che la Turchia non poteva rimanere spettatrice degli eventi che si verificavano in un Paese con il quale condivide un confine di circa 900 km, e legami storici, culturali e familiari. [7] Aggiunse anche che il messaggio di Ankara sarebbe stato più rigoroso, forte e chiaro, avendo la Turchia quasi perso la pazienza, aggiunse. [8] La sera stessa, la segretaria di Stato degli Stati Uniti, Hillary Clinton, chiese a Davutoglu di dire al presidente Assad che doveva “rimandare i suoi soldati nelle caserme” [9]. Da parte sua, l’Unione europea previde nuove sanzioni. Il servizio diplomatico europeo fu incaricato di preparare una lista di opzioni per andare oltre ciò che era in vigore [10] e la Francia, che nascondeva un rancore  colonialista verso la Siria, si dichiarò per l’attuazione della transizione di potere, “il tempo dell’impunità è finito per le autorità siriane”, dichiarò Christine Fages, allora vice-portavoce del ministero degli Esteri. [11]
Va notato qui che gli emiri e sultani arabi, temendo di perdere il bavaglio [12], esortarono la Siria a porre fine al “bagno di sangue”. Re Abdullah dell’Arabia Saudita disse che la Siria aveva solo due scelte per il futuro: “optare volontariamente nella saggezza o impantanarsi nel caos e nella violenza“, riassunse in una dichiarazione dal tono insolitamente duro verso lo Stato siriano. Da parte sua, il capo della diplomazia del Kuwait, lo sceicco Mohammed al-Sabah, rese omaggio alla decisione dell’Arabia Saudita. Più tardi, lo Stato del Bahrein si unì alla festa, e prese parte al Rot [13]: “Il Bahrein ha deciso di richiamare il suo ambasciatore a Damasco per consultazioni e chiede saggezza alla Siria“, disse il ministro degli Esteri del Bahrein, sheikh Khalid bin Ahmad al-Khalifa [14]. In effetti, gli emiri e sultani arabi, questi despoti e tiranni delle monarchie assolute del mondo arabo, si precipitarono al festino del Fagiano [15] dell’Unione europea, non solo per celebrare l’inizio della guerra imperialista contro la Siria, ma anche per versare olio sul fuoco dell’odio per le minoranze musulmane eterodosse religiose di tutto il mondo musulmano. Nonostante le minacce dirette e sottintese, la Siria respinse l’ultimatum della Santa Alleanza e la consulente politica del presidente siriano, Dr. Bouthaina Shaaban, avvertì il diplomatico [turco] che avrebbe dovuto aspettarsi una gelida accoglienza e che la Siria avrebbe presentato ad Ankara un messaggio ancor più fermo di quello di Davutoglu, rifiutando l’ultimatum: “Se […] Davutoglu viene per consegnare un messaggio duro alla Siria, allora sentirà propositi ancor più duri sulla posizione della Turchia. La Turchia non ha ancora condannato i brutali omicidi di civili e soldati da parte dei gruppi armati terroristici”, riferiva l’agenzia SANA. [16] Dopo il rifiuto dell’ultimatum da parte dello Stato siriano, la guerra imperialista contro la Siria fu innescata, e l’ingerenza straniera prese una linea ascendente. Davutoglu tornò ad Ankara deluso senza riuscire a “spaventare” il presidente siriano Assad e le sue minacce furono portate via dal vento, la Siria aveva già preso una ferma e determinata decisione: resistere, confrontarsi e portare il Paese alla vittoria decisiva, nonostante i notevoli sacrifici.
In risposta alla decisione dello Stato siriano, la Santa Alleanza decise di togliersi la maschera e mostrare il suo volto spaventoso: o le dimissioni di Assad o la Siria sarà distrutta completamente.  Così, i presunti oppositori si riunirono ad Istanbul per creare un fronte unito contro lo Stato siriano e il giorno dopo, il miserabile Consiglio nazionale siriano (CNS) nacque, allora presieduto da un docente universitario di Parigi, Burhan Ghalyun [17]. Due giorni dopo, il 4 ottobre 2011, la creazione del CNS fu seguita dal progetto di risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che condannava la Siria, ma subì l’opposizione del doppio veto russo e cinese. Mosca si oppose “all’approccio del confronto” che andava “contro una soluzione pacifica della crisi“, mentre Pechino respinse “l’interferenza negli affari interni” di un Paese [18]. Eravamo ancora agli inizi della guerra imperialista contro la Siria.

Erdogan Pasha: il sigillo del califfato ottomano
Tutto quello che abbiamo detto prima appartiene già alla storia, lo Stato siriano ha resistito non solo alla peggiore guerra imperialista del secolo, ma il suo esercito ottiene vittorie decisive sul terreno contro le ondate di “nuovi mongoli” che hanno invaso il territorio siriano con la grazia e la benedizione del califfo di Istanbul, Erdogan Pasha. Tuttavia, Erdogan oggi non è più un Sadrazam [19] o Davutoglu un Reis Effendi [20]. Nella seconda settimana di proteste senza precedenti, le forze democratiche turche apprendono i loro preparativi. Continuano a occupare luoghi pubblici e a gridare i loro slogan contro il governo Erdogan. I manifestanti sono attivisti della società civile, studenti, disoccupati, sostenitori della sinistra e dell’estrema sinistra all’opposizione e ambientalisti. Le loro richieste: in primo luogo, l’abbandono da parte del governo del progetto immobiliare a Piazza Taksim, l’epicentro della rivolta in corso a Istanbul e simbolo storico della repubblica e della laicità turche. Un progetto che prevede la costruzione di una moschea e di un enorme centro commerciale. Tuttavia, l’opposizione a questo progetto è solo un pretesto per molti turchi nella loro frustrazione nei confronti di ciò che avvertono come le limitazioni delle libertà civili e politiche antidemocratiche dell’AKP, il partito di governo.
Su un altro livello, vale la pena ricordare qui l’articolo pubblicato questa settimana sulla rivista britannica The Economist, che segue gli ultimi sviluppi in piazza Taksim a Istanbul. L’interesse di un tale articolo non è certo nei contenuti, dei contenuti che non rompono ovviamente con il “classico” discorso occidentale sull’Oriente e gli orientali, o l’approccio che l’autore segue, ma piuttosto nel titolo che presenta: “I moti della Turchia: democratico o sultano” [21], nonché il fotomontaggio del ritratto del sultano ottomano Selim III con la faccia del primo ministro turco Erdogan. Tutto ruota intorno al seguente: per la rivista The Economist, una rivista monopolio certamente legata ai centri di potere imperialisti, pubblicare un tale articolo con un titolo e una foto del genere, criticando l’alleato più fedele della Santa alleanza nella guerra contro la Siria, dovrebbe avere una buona ragione. Tuttavia, questa “buona” ragione non risiede necessariamente nei paragrafi dell’articolo, né nel suo discorso sulla diffusione della democrazia. In altre parole, l’impressione creata leggendo l’articolo è la seguente: Erdogan Pacha abusa della democrazia e la rivista The Economist l’ha avvertito, semplicemente! Purtroppo, una tale lettura è parte del cosiddetto “grado zero di pensiero critico” o “massimo stadio d’ingenuità politica.” Certo, il motivo per cui questo articolo appare su The Economist, oggi, risiede altrove, soprattutto quando si sa che questa non è la prima volta in 10 anni di governo, che Erdogan “abusa” della democrazia nel suo Paese, né la prima volta che getta benzina sul fuoco dello sciovinismo e dell’odio religioso contro i gruppi etnici e religiosi della Turchia, come curdi, armeni e alawiti, senza che sia protetto e coperto dal silenzio dei monopoli mediatici che hanno giocato finora il ruolo delle tre scimmiette davanti le pratiche ostili di Erdogan.
Ritornando ad Erdogan e il ministro degli Esteri Davutoglu, si presentano come la punta di diamante della guerra imperialista contro la Siria, e per oltre due anni hanno pronunciato “sorprendenti” discorsi sui diritti, la democrazia, la libertà, la giustizia, la tolleranza, promettendo al popolo delle “vecchie province arabe” dell’impero ottomano una nuova era di luce, giustizia e prosperità al punto in cui avremmo immaginato Voltaire e Montesquieu, la pace sia su di loro, rivolgersi alle masse arabe nelle persone di Erdogan e del Reis Effendi Davutoglu.
A maggior ragione, la pubblicazione di un tale articolo nella rivista The Economist deve essere letta nel contesto delle vittorie decisive riportate sul campo dall’esercito arabo siriano contro i gruppi takfiri, che hanno nelle regioni di confine turche con la Siria le proprie retrovie. In altre parole, va detto che i centri del potere imperialista non conoscono amici o nemici permanenti, ma piuttosto  interessi permanenti, e dopo due anni e rotti di guerra imperialista contro la Siria, dove i principali “attori” erano fino a ieri il Sadrazam Erdogan e il Reis Effendi Davutoglu, la Santa Alleanza non è riuscita a rovesciare il regime del presidente Assad, nonostante le cifre catastrofiche in perdite umane e materiali, malgrado l’uso di tutti i centauri [22] e i minotauri [23] dell’Ade. Ciò significa che le potenze imperialiste ora cercano di sostituire Erdogan, che ha appena ricevuto il “cartellino rosso”, con un altro “giocatore” turco che sarebbe pronto a correre come Maradona nella fase del  compromesso internazionale sulla Siria pianificato tra Mosca e Washington.

Il popolo turco chiede la dipartita di Erdogan
Un anno e mezzo fa, precisamente il 22 novembre 2011, Erdogan ha esortato il presidente siriano Bashar al-Assad a dimettersi al fine di “evitare ulteriori spargimenti di sangue” nel Paese: “Per la salvezza del tuo popolo, del tuo Paese e della regione, ora lascia il potere“, disse in Parlamento davanti al gruppo parlamentare del suo partito Giustizia e Sviluppo AKP [24]. Ora, diciotto mesi dopo, a Piazza Taksim e al Gezi Park di Istanbul, migliaia di attivisti della società civile e delle forze democratiche turche, che sono scesi ogni giorno per le strade di tutto il Paese, chiedono le dimissioni del primo ministro Recep Tayyip Erdogan, che accusano di guidare un governo conservatore che cerca di islamizzare il Paese e di ridurne la democrazia e la laicità.

Nella pianura con i Dodici
Quindi Gesù discese dalla montagna con i dodici Apostoli e si fermò nella pianura. Vi era un gran numero di discepoli, e una folla di persone da tutta la Giudea, Gerusalemme e dal litorale di Tiro e  Sidone (…) Guardando poi i suoi discepoli, Gesù disse: “Perché vedi la pagliuzza nell’occhio di tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come potrai dire a tuo fratello, ‘ Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio’, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi vedrai bene per poter togliere la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello“. [25]

Fida Dakroub, Ph.D

Sito ufficiale dell’autrice

Erdogan sultanDe la guerre impérialiste contre la Syrie : Erdogan Pacha, le dernier des sultans ottomans, 12 giugno 2013

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Note

[1] Today’s Zaman (8 agosto 2011) Davutoglu to deliver harsh message to Damascus.
[2] Il becco è una scarpa del Medioevo (XIV secolo), con un estremità a punta allungata fino a 50 cm, di solito sollevata. Più si apparteneva a una classe sociale elevata, più la punta era lunga. Per i re, la dimensione della punta poteva essere grande quanto desiderato. L’estremità era imbottita con schiuma o canapa per irrigidirne la punta.
[3] Ne “La Chanson de Roland“, il bastone e il guanto di Carlo Magno sono la potenza conferita al messaggero.
[4] Personaggio letterario de “La Chanson de Roland“, Gano è il figlio di Grifone, Conte di Hautefeuille. È il patrigno di Orlando. È il messaggero di Carlo Magno presso il re di Saragozza.  Eppure fu lui che ha tradito Orlando mettendolo nella retroguardia che doveva essere attaccata dai saraceni. Per questo motivo è in qualche modo diventato, nella tradizione francese, l’archetipo del criminale o del traditore.
[5] Marsilio è il nome di un leggendario personaggio che appare ne “La Chanson de Roland” o “La canzone di Roncisvalle.” E’ il re saraceno di Saragozza nemico di Carlo Magno.
[6] Acronimo turco per “Posta ve Telgraf Teskilati Genel Müdürlügü” o Direzione Generale delle Poste e Telecomunicazioni della Turchia.
[7] Le Point (9 agosto 2011) Syrie: le chef de la diplomatie turque arrivé à Damas avec un message ferme pour Assad. 
[8] Today’s Zaman, op. cit.
[9] Le Monde (8 agosto 2012) Le président syrien de plus en plus isolé après le rappel d’ambassadeurs de pays arabes.
[11] ibidem
[12] Nel Medioevo, il banchetto iniziava con insalata o frutta fresca di stagione per preparare lo stomaco a ricevere i piatti più ricchi.
[13] Nel Medioevo, il banchetto comprendeva anche il “Rot”, un piatto principale che consisteva di carni arrostite accompagnate da varie salse.
[14] Le Monde (8 agosto 2012) op.  cit.
[15] La corte di Borgogna sviluppò un’etichetta a tavola senza precedenti per la sua raffinatezza e ritualità. Fece di ogni banchetto uno spettacolo permanente. Il più famoso, dove centinaia di ospiti e spettatori parteciparono, fu il banchetto del Fagiano tenutosi a Lilla nel 1454.
[16] Le Devoir (8 agosto 2011)  Damas passe de nouveau à l’attaque.
[17] Le Devoir (4 ottobre 2011) Mabrouk! – Syrie : euphorie et émotion accueillent la création du Conseil national
[18] Radio Canada (5 ottobre 2011) Résolution de l’ONU sur la Syrie: le veto sino-russe critiqué par l’opposition, applaudi par Damas.
[19] Sadrazam o gran visir era il Primo ministro dell’Impero Ottomano.
[20] Il Reis Effendi era il ministro degli Esteri dell’Impero Ottomano.
[21] The Economist (8 giugno 2013) “Turkey’s troubles. Democrat or sultan?
[22] Nella mitologia greca, i centauri sono creature metà uomo metà cavallo. Discendono da Ixion, il primo uomo ad aver ucciso un membro della propria famiglia, che ideò il primo Centauro unendosi a una nuvola cui Zeus, il dio supremo, aveva dato la forma di sua moglie Hera. I centauri vivevano in Tessaglia, intorno a Monte Pelio, ed erano considerati esseri selvatici incivili.
[23] Nella mitologia greca, il Minotauro o “toro di Minosse” è un mostro abbastanza orrendo con  testa di toro e corpo umano. Il Minotauro è figlio dell’amore della regina Pasifae di Creta e di un toro bianco che Minosse non aveva sacrificato a Poseidone.
[24] Le Monde (22 novembre 2011) Le premier ministre turc demande le départ de Bachar Al-Assad.
[25] Vangelo di Gesù secondo Luca (6, 41-42).


Ricercatrice in Studi francesi (The University of Western Ontario, 2010), Fida Dakroub è scrittrice e ricercatrice in teoria di Bachtin. È attivista per la pace e i diritti civili.

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