In orbita il primo satellite-spia italiano

È stato lanciato ieri dalla Guyana francese, con un razzo Vega dell’Agenzia spaziale europea costruito in Italia dalla Avio, il satellite Opsat-3000 del ministero della Difesa italiano. Il satellite non è però italiano, ma israeliano. È stato acquistato nel 2012 nel quadro di un accordo di cooperazione militare tra Roma e Tel Aviv, in base al quale Alenia Aermacchi (azienda di Finmeccanica, ora Leonardo) ha fornito a Israele 30 velivoli militari da addestramento avanzato M-346 e le Israel Aerospace Industries hanno fornito all’Italia l’Opsat-3000 e un primo aereo G550 Caew (vedi il manifesto, 31 luglio 2012).

L’Opsat-3000, collocato in orbita bassa (450 km di altitudine), serve non a una generica «osservazione della Terra», ma a fornire dettagliate immagini ad altissima risoluzione di «qualsiasi parte della Terra» per operazioni militari in lontani teatri bellici. Le immagini raccolte da Optsat-3000 arrivano a tre centri in Italia: il Centro interforze di telerilevamento satellitare di Pratica di Mare (Roma), il Centro interforze di gestione e controllo Sicral di Vigna di Valle (Roma) e il Centro spaziale del Fucino di Telespazio (L’Aquila).

L’Opsat-3000 è collegato allo stesso tempo a un quarto centro: la Mbt Space Division delle Israel Aerospace Industries a Tel Aviv. Ciò conferma che l’accordo militare italo-israeliano prevede non solo la collaborazione tra le industrie militari, ma una sempre più stretta cooperazione strategica tra i due paesi.

Nel quadro dello stesso accordo del 2012, le Israel Aerospace Industries hanno consegnato all’aeronautica italiana, nel dicembre 2016, il primo dei due aerei G-550 Caew: sono Gulfstream 550, jet di lusso per executive made in Usa, che le Israel Aerospace Industries trasformano in sofisticatissimi aerei da guerra. Dotati dei più avanzati sistemi radar, di spionaggio e comunicazione adeguati agli standard Nato, questi aerei costituiscono la punta di lancia di un sistema di comando e controllo per l’attacco in distanti teatri bellici.

Tutto questo costa. L’Opsat-3000 viene pagato dall’Italia 182 milioni di dollari, cui si aggiungono gli ingenti costi per la messa in orbita e la gestione del satellite, la cui «vita» è prevista in circa 7 anni. I due aerei G-550 Caew, con relativi centri di comando e controllo, costano circa 800 milioni di dollari. Complessivamente oltre un miliardo di dollari pagato con denaro pubblico. Il miliardo di dollari, ricavato dalla vendita a Israele dei 30 velivoli da addestramento M-346, entra nelle casse di Leonardo SpA, nuova denominazione sociale di Finmeccanica, in cui il Tesoro detiene una quota del 30%.

Viene in tal modo realizzato il «Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa» a firma della ministra Pinotti, trasformato lo scorso febbraio in disegno di legge che delega al governo «la revisione del modello operativo delle Forze armate». Modello in cui l’industria militare assume il ruolo di «pilastro del Sistema Paese», in cui le Forze armate hanno il compito di difendere «gli interessi vitali del Paese», intervenendo nelle aree prospicienti il Mediterraneo – Nordafrica, Medioriente, Balcani – e, al di fuori di tali aree, in Afghanistan e ovunque nel mondo siano in gioco gli interessi dell’Occidente rappresentati fondamentalmente dalla Nato sotto comando Usa.

L’acquisizione di sistemi militari quali il satellite-spia Opsat-3000 e gli aerei G-550 Caew non lascia dubbi che la via tracciata, demolendo i pilastri costituzionali della Repubblica italiana, è sempre più quella della guerra.

Manlio Dinucci


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About the author:

Manlio Dinucci est géographe et journaliste. Il a une chronique hebdomadaire “L’art de la guerre” au quotidien italien il manifesto. Parmi ses derniers livres: Geocommunity (en trois tomes) Ed. Zanichelli 2013; Geolaboratorio, Ed. Zanichelli 2014;Se dici guerra…, Ed. Kappa Vu 2014.

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