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In crisi l’impero americano d’Occidente
By Manlio Dinucci
Global Research, April 10, 2018
ilmanifesto.it
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La guerra dei dazi scatenata dagli Usa contro la Cina e le nuove sanzioni contro la Russia sono segnali di una tendenza che va oltre gli attuali eventi. Per comprendere quale sia, si deve risalire a una trentina di anni fa.

Nel 1991 gli Stati uniti, usciti vincitori dalla guerra fredda e dalla prima guerra del dopo guerra fredda, quella del Golfo, dichiarano di essere rimasti «il solo Stato con una forza, una portata e un’influenza in ogni dimensione politica, economica e militare realmente globali» e che nel mondo «non esiste alcun sostituto alla leadership americana». Fidando sullegemonia del dollaro, sulla portata globale delle proprie multinazionali e dei propri gruppi finanziari, sul controllo delle organizzazioni internazionali (Fmi, Banca mondiale, Wto), gli Stati uniti promuovono il «libero commercio» e il «libero movimento di capitali» su scala globale, riducendo o eliminando dazi e regolamenti. Sulla loro scia si muovono le altre potenze dellOccidente.

La Federazione Russa, in profonda crisi dopo la disgregazione dellUrss, viene considerata da Washington facile terra di conquista, da smembrare per meglio controllarne le grandi risorse.

La Cina, apertasi alleconomia di mercato, appare anchessa conquistabile con i capitali e i prodotti statunitensi e sfruttabile quale grande serbatoio di manodopera a basso costo.

Trentanni dopo, il «sogno americano» del dominio incontratato del mondo è svanito. La Russia, costituto un fronte interno a difesa della sovranità nazionale, ha superato la crisi riacquistando lo status di grande potenza.

La Cina, la «fabbrica del mondo» in cui producono anche multinazionali Usa, è divenuta il primo esportatore mondiale di merci ed effettua crescenti investimenti esteri. Oggi sfida la supremazia tecnologica degli Stati uniti. Il progetto di una nuova Via della Seta una rete viaria, ferroviaria e marittima tra Cina ed Europa attraverso 60 paesi pone la Cina allavanguardia nel processo di globalizzazione, mentre gli Stati uniti si arroccano erigendo barriere economiche.

Washington guarda con crescente preoccupazione alla partnership economica e politica tra Russia e Cina, che sfida la stessa egemonia del dollaro. Non riuscendo a contrastare tale processo solo con strumenti economici, gli Stati uniti ricorrono a quelli militari. Il colpo di stato in Ucraina e la conseguente escalation anche nucleare in Europa, lo spostamento strategico in Asia, le guerre in Afghanistan e Siria, fanno parte della strategia con cui gli Usa e le altre potenze dellOccidente cercano di mantenere il predominio unipolare in un mondo che sta divenendo multipolare.

Tale strategia sta però subendo un serie di scacchi. Russia e Cina, sottoposte a crescente pressione militare, hanno reagito rafforzando la cooperazione strategica.

La Russia non solo non è stata messa alle corde ma, con una mossa a sorpresa, è intervenuta militarmente a sostegno dello Stato siriano che, nei piani Usa/Nato, avrebbe dovuto fare la fine di quello libico. In Afghanistan, Usa e Nato sono impantanati in una guerra che dura da oltre 17 anni.

Come reazione a tali fallimenti, si intensifica la campagna per far apparire la Russia quale pericoloso nemico, usando anche la false flag degli attacchi chimici in Inghilterra e in Siria. La tecnica è la stessa usata nel 2003 quando, per giustificare la guerra contro lIraq, il segretario di stato Colin Powell presentò al lOnu le «prove» che lIraq possedeva armi di distruzione di massa.

Lo stesso Powell, nel 2016, ha dovuto ammettere linesistenza di tali armi. In 15 anni, però, la guerra ha provocato oltre un milione di morti.

Manlio Dinucci

 

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