Il tesoro di Ceausescu

Alla fine del 1982, la Romania raggiunse il culmine del debito estero di 11 miliardi dollari, dovuti al FMI d’accordo con il miliardario George Soros, il cui coinvolgimento negli eventi del 1989 fu poi dimostrato, e che aveva pianificato una serie di speculazioni disastrose per la Romania. Dopo queste speculazioni, la Romania entrò in uno stato di blocco finanziario e insolvenza. Ma Ceausescu colse di sorpresa il FMI, impegnandosi a pagare tutto il debito esterno successivo al 1985 prima della data prevista, evitando che la Romania cadesse nella trappola delle grandi transazioni azionarie del FMI. Soros poi riuscì ad aggiudicarsi 1,1 miliardi di sterline al London Stock Exchange. Nonostante ciò, il FMI impose sanzioni contro la Romania per il pagamento anticipato. Poiché il FMI, guidato dagli Stati Uniti, chiese alla Romania il rimborso del debito con interesse triplicato, gran parte della produzione agricola e industriale del Paese dovette essere esportata, creando le famose code in per il cibo che abbiamo vissuto. Il riscaldamento venne razionato e la benzina erogata con le tessere. Così, dal 1987, gli Stati Uniti innescarono un’intensa campagna di demonizzazione dei Ceausescu sui media occidentali. Le stazioni radio Free Europe e Voice of America lanciarono la prima falsa voce che Gorbaciov avesse creato un sostituto di Ceausescu. Nel marzo 1989, quando Ceausescu poté ripagare tutti i debiti, la Romania aveva un credito di 3,7 miliardi dollari depositati nelle banche e altri crediti per 7-8 miliardi di dollari. A tale importo si aggiunsero le esportazioni rumene, che nel 1989 erano circa 6 miliardi. I documenti ufficiali sui 24 anni successivi alla rivoluzione non possono giustificare l’esistenza attuale di un buco di 2 miliardi. Perché questo denaro è “sparito”? Chi l’ha fatto sparire? Non è necessario spiegare oltre. Se la Romania avesse avuto, dopo il 1989, nei suoi servizi segreti e nelle sue procure dei patrioti rumeni, lo sapremmo.

Vi sono indicazioni che nella notte del 14/15 dicembre 1989 un aereo Il-18 della flotta presidenziale sarebbe decollato da Otopeni per un volo speciale a Teheran. L’aereo trasportava 24 tonnellate di lingotti d’oro. Infatti, fu registrato sui documenti di volo che l’aereo rientrò vuoto dall’Iran, il 4 gennaio 1990. Se le cose sono realmente andate così, la spiegazione può essere estremamente semplice.

Ceausescu scoprì nel 1987 che la Romania aveva nel suo cortile tutti i “tesori” che le permettevano di non dipendere mai più dal FMI, non dovendo più sopportare la pressione di questa organizzazione. Un primo passo fu collaborare con Cina, Iran e Libia per una banca che fornisse prestiti a basso interesse ai Paesi in via di sviluppo. La banca in questione fu chiamata BRCE (Banca Rumena per il Commercio Estero), attraverso cui le imprese per il commercio estero della Romania avrebbero condotto operazioni usando denaro speciale, con cui rimborsare il debito estero della Romania. Il FMI può permettersi di fornire prestiti per decenni, potendo esercitare una brutale ingerenza nelle economie creditrici, per via di 2996 tonnellate di oro detenute nelle sue riserve. Le mappe dei giacimenti minerari cominciarono ad essere inserite sui computer in Romania fin dal 1971, presso la sede dell’azienda di esplorazione e perforazione “Geofisica” e furono costantemente aggiornate, così Ceausescu apprese che furono estratte dalle montagne della Romania, al 1987, circa 2070 tonnellate di oro e che la Romania aveva 6000 tonnellate d’oro, tre volte quello estratto tra allora e il 2013, raggiungendo un valore di 250 miliardi di euro. Ma a parte l’oro, Ceausescu sapeva che negli stessi giacimenti c’erano argento ed estremamente preziosi metalli rari come arsenico, gallio, germanio, molibdeno, titanio, vanadio, tungsteno, ecc. E fece affidamento su di essi, perché attualmente vengono stimati a 100 miliardi di euro. Oggi, l’uso generalizzato della tecnologia utilizzata da statunitensi e sovietici nei loro programmi spaziali Apollo e Sojuz, iniziarono appena ad apparire sul mercato. Videoregistratori, videocamere, computer e telefoni cellulari si basano sui microprocessori realizzati con materie prime come i metalli rari rinvenuti in abbondanza, come i giacimenti d’oro sui monti Apuseni (le miniere di Rosia Montana, Almas, Baia de Aries, Klaxon, Brad e Sacaramb).
Dopo il 1990, vi furono molti produttori europei di telefoni cellulari come Nokia che dovevano importare questi metalli rari dall’Africa centrale e dall’Australia, anche se la Romania è più vicina.  Il boom della produzione globale di computer e telefoni cellulari iniziò dopo il 1990, quando la Romania era già stata sabotata nel dicembre 1989. Tuttavia, Ceausescu aveva anticipato questo sviluppo ed istituì in collaborazione con la società statunitense Texas Instruments, un intero settore dedicato alla piattaforma elettronica denominata IPRS Baneasa, lasciata in eredità ai rumeni. Con un minimo investimento avrebbe consentito alla Romania di produrre e avere computer, cellulari, una propria rete internet e di telefonia. Ma poco dopo il 1990, i diritti di proprietà intellettuale furono deliberatamente smantellati e trasformati in investimenti immobiliari. Il Generale Saadi Predoiu, laureato in Geologia e che lavorò come geologo alla ICE Geomine(1984-1985) e nella Società dei metalli rari di Bucharest IMRB (1985-1990), che gestiva “de facto” la SIE, sapeva queste cose? Il presidente e geologo Emil Constantinescu, che sapeva delle redditizie miniere in Romania e chiuse metà delle miniere, non lo sapeva? Non parliamo neanche del suo capo alla cancelleria presidenziale Dorin Marian, geologo di professione. Allo stesso modo, i primi ministri Nicolae Vacaroiu e Teodor Stolojan, direttore della pianificazione economica prima del 1989, non ne sapevano nulla? E Ion Iliesc, ex-membro del CPEX del Partito comunista, neanche?

Secondo gli specialisti, Ceausescu progettava un grande piano minerario entro il 2040, in modo che le banche d’investimento dei Paesi in via di sviluppo avessero un flusso costante di finanziamenti coperti dall’oro. Così, Ceausescu aveva previsto che tra mezzo secolo l’estrazione di oro e metalli rari rumeni sarebbe stata più difficile, ma che avrebbe fornito un fondo annuale di almeno 8 miliardi dollari alla Romania per lanciarla attraverso la BRCE (che di per sé aveva un capitale di oltre 10 miliardi di dollari), investendo nella costruzione di infrastrutture ed obiettivi economici all’estero, sulla base di progetti tracciati da architetti con manodopera comprendente operai ed ingegneri rumeni che utilizzavano strumenti e macchinari progettati e prodotti in Romania. Ma dove?  Soprattutto in Cina e nei Paesi amici in Asia meridionale, in Iran e nei Paesi musulmani alleati in Africa e in Medio Oriente ed anche in Sud America. Questo è esattamente ciò che la Cina fa ora, mentre Victor Ponta e Traian Basescu sono seduti con la mano tesa a chiedere un possibile investimento da 8 miliardi di euro.

Devo ammettere che questo piano, concepito dalla mente non troppo istruita di Ceausescu, un uomo dallo straordinario patriottismo, che il popolo non riconosce, era grandioso. E forse possiamo parlare del Testamento di Ceausescu. Sarebbe interessante vedere ciò che è successo al “tesoro” dopo l’assassinio di Ceausescu. La BRCE, con la rivoluzione cambiò nome diventando Bancorex ed andò in bancarotta nel 1999, dopo di che, attraverso di essa, Ion Iliescu concesse prestiti illegali o inesigibili a decine di migliaia di membri della nomenklatura post-rivoluzionaria, falsi dissidenti e persino sospetti terroristi fin dal golpe del 22 dicembre 1989 e sotto lo sguardo del governatore della banca centrale. Bancorex venne inglobata nella Banca Rumena Commerciale (BRC) che venne poi privatizzata nel 2006. Il governatore della banca centrale sotto il Primo Ministro rumeno Tariceanu, costrinse la popolazione a pagare la somma di 3,75 miliardi di euro all’Erstebank austriaca, per gli ammanchi della Bancorex. Con la privatizzazione, la BCR incassò dagli austriaci 2,25miliardi di euro, ma devono ancora pagarne 1,5. Se per ipotesi la leadership rumena avesse alla guida un patriota come Ceausescu e avesse preso la decisione di applicare il Testamento di Ceausescu, sarebbe stato impossibile, perché mancherebbe un pezzo del meccanismo che progettò: la banca rumena.

Dal settembre 1990 ad oggi, il nome dell’uomo che fu governatore della Banca Nazionale della Romania è Isarescu. Fino al dicembre del 1989 era un ricercatore presso l’Istituto di Economia Mondiale, ottenendo un dottorato in economia grazie alla partecipazione a corsi organizzati negli Stati Uniti. Nel gennaio-settembre 1990 Isarescu lavorò come addetto commerciale presso l’ambasciata di Romania a Washington. Nel 2002, la London Stock Exchange, la più grande borsa del mercato dell’oro del mondo, decise che l’impianto di Baia Mare, Phoenix (riconosciuto a livello mondiale dal 1970 come un produttore di garanzia) non aveva rispettato gli standard internazionali. La Romania perse il diritto di usare il timbro internazionale NBR sui lingotti d’oro. La punzonatura stampava il numero di serie, il peso, la concentrazione, il produttore e il logo della Banca nazionale. La Romania fu bandita dalla lista dei produttori ed esportatori dell’oro, e la banca centrale ebbe la scusa per non accettare depositi di lingotti d’oro rumeni. Solo la fortuna ha voluto che, in una conferenza stampa del PRM (Partito Romania Mare), venisse svelato un documento segreto del 25 marzo 2002 che dimostra che, per una strana coincidenza, su ordine del governatore della NBR di Otopeni, furono ritirati dal Paese 20 tonnellate di lingotti d’oro per la Germania. Nel periodo 2002-2013, lo stesso Isarescu dispose che due terzi delle riserve auree di Ceausescu lasciassero la Romania; 61,2 tonnellate depositate in banche all’estero, privando così la Romania della seconda parte del meccanismo creato da Ceausescu.
Completando l’opera per bloccare l’accesso dei rumeni ai propri oro e metalli rari, il ministro dell’Industria Radu Berceanu propose il permesso N.47/1999 di sfruttamento delle miniere d’oro e metalli rari, concesso dal GD 458/1999 (le cui disposizioni sono ancora segrete) a una società privata straniera, la Rosia Montana Gold Corporation, una società-schermo di Frank Timis Vasile.  Da allora, il governo rumeno non ha visto un’oncia d’oro delle proprie miniere, mentre l’Agenzia nazionale per le risorse minerarie (NMRA) concesse licenze ad altre otto società straniere per l’esplorazione e lo sfruttamento di oro e metalli rari rumeni ad Apuseni, sulla base delle carte geologiche redatte sotto Ceausescu. La legge mineraria è stata modificata in modo che la Romania ricevesse dalle aziende straniere che sfruttano le sue risorse sotterranee solo il 4% del reddito di tutte le estrazioni, mentre il Sud Africa ne riceve il 20% per l’oro. Così, l’ultimo pezzo del meccanismo per la sopravvivenza della Romania immaginato da Ceausescu è già stato venduto.

Valentin Vasilescu

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Politiques d’austérité en Roumanie : Le trésor de Ceausescu et le rôle du FMI

Reseau International, 2 dicembre 2013

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Valentin Vasilescu, pilota ed ex vicecomandante della base militare dell’aeroporto di Otopeni, laureato in Scienze Militari presso l’Accademia di Studi Militari di Bucarest nel 1992.

 


Articles by: Valentin Vasilescu

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