Il ruolo degli Usa e della Turchia nella battaglia di Kobane

È in corso una guerra per il controllo del Kurdistan occidentale, della parte nord della Siria e anche di tre enclave kurde -de facto- in questa regione. La lotta nel Kurdistan occidentale è un mezzo per arrivare a un fine, non un obiettivo di per sé. L’obiettivo di assumere il controllo nel Kurdistan siriano e nel nord della Siria è cruciale per controllare il resto della Repubblica Araba Unita e implica un cambio di regime -appoggiato dagli Stati Uniti- a Damasco.

Il Kurdistan occidentale si chiama Rojaya in Kurmanji, il dialetto della lingua kurda che si parla in questa regione ed è parlato dalla maggioranza dei kurdi che vivono in Turchia. La parola Rojaya proviene dalla radice kurda “roj”, che significa “sole” ma anche “giorno”, e letteralmente significa “tramonto” (“la fine del sole”) o “fine del giorno” in Kurmanji, e non è la parola “ovest”. La confusione relativa al suo significato sorge da due ragioni importanti. La prima è che nel dialetto sorani, il dialetto centrale della lingua kurda, la parola “roj” si usa solo in riferimento al giorno. La seconda è che Rojaya connota o suggerisce la direzione dell’ovest, dov’è situato il sole quando termina il giorno.

L’assedio di Ayn el-Arab o Kobane

Nonostante il fatto che né i militari siriani né il governo siriano controllano la maggior parte del Kurdistan siriano e che un numero significativo di elementi locali si siano dichiarati neutrali, le forze dello Stato Islamico, al-Nusra e ISIL (Daesh) hanno scatenato una guerra multipartitica nel seno stesso del mosaico sociale della Rojaya. È stato solo verso la fine del 2014 che questa guerra nel Kurdistan occidentale è comparsa nei titoli dei media internazionali, quando i kurdi siriani che combattevano nel distretto nordorientale (mintagah) del governatorato di Aleppo, Ayn el-Arab, sono stati circondati dall’ISIL (fine settembre-inizio ottobre). Mentre avveniva questo, il comportamento degli USA e dei loro alleati, specialmente il governo neo-ottomanista della Turchia di Recep Tayyip Erdogan e del primo ministro Ahmet Davutoglu, rendeva palesi i loro veri obiettivi in Rojaya e Siria. Mentre i kurdi siriani nel nordest del governatorato di Aleppo venivano circondati dall’ISIL, è diventato chiaro che in realtà Washington e la sua farlocca coalizione anti-ISIL stavano utilizzando l’esplosione dell’ISIL per ridisegnare le mappe strategiche ed etno-confessionali della Siria e dell’Iraq. Molti dei kurdi siriani pensano che l’obiettivo sia spingerli verso est, verso il settore iracheno del Kurdistan, e sottometterli alla dominazione turca.

I timori di un altro esodo siriano -simile a quello che si è verificato quando, con l’aiuto della Turchia, Jubhat al-Nusra ha conquistato con la violenza la città a maggioranza armena di Kessab, nel governatorato di Latakia, nel marzo 2014- hanno cominciato a materializzarsi. Circa 200.000 siriani -kurdi, turcomanni, assiri, armeni e arabi- sono fuggiti attraversando la frontiera tra Siria e Turchia. Entro il 9 ottobre scorso, un terzo di Ayn el-Arab era caduto in mano dello pseudo-califfato.

La posizione statunitense rispetto a Kobane mostra gli obiettivi di Washington

La posizione statunitense rispetto ad Ayn el-Arab o Kobane è molto rivelatrice su quello che realmente è in gioco nella battaglia per il controllo della città di frontiera siriana. Anziché cercare di evitare la caduta di Kobane e aiutare i difensori locali che stanno portando il peso della lotta contro l’ISIL e del suo pseudo-califfato, Washington è rimasta tranquilla. La posizione statunitense in relazione a Kobane è un importante segnale che la guerra che gli USA hanno iniziato contro l’ISIL non è altro che una fanfaronata e una manovra fittizia di pubbliche relazioni dirette all’occultamento dell’obiettivo reale: procurarsi un punto d’appoggio strategico all’interno del territorio siriano.

Quando nell’agosto 2014 l’ISIL ha attaccato le forze del Governo Regionale Kurdo (KRG la sua sigla in inglese) nel territorio del Kurdistan iracheno, gli USA hanno agito rapidamente in aiuto dei combattenti del KRG. In luglio, un mese dopo la caduta della città irachena di Mossul nelle mani dell’ISIL, in coincidenza con la presa militare della città di Kirkuk -ricca di petrolio- da parte del KRG, l’ISIL ha cominciato l’assedio di Kobane in Rojaya. Fino ad ottobre, gli USA sono stati soltanto spettatori.

Ancor più rivelatore il fatto che l’8 di ottobre il Pentagono ha comunicato che la campagna di bombardamenti aerei in Siria guidati dagli USA e battezzata formalmente con il nome di Operazione Risoluzione Inerente il 15 ottobre, non avrebbe potuto fermare l’offensiva dell’ISIL contro i difensori di Kobane. Invece gli Stati Uniti hanno cominciato a sostenere insistentemente altre azioni illegali che avrebbe dovuto intraprendere la Turchia, membro della NATO. Washington ha iniziato a chiedere l’entrata di soldati e carri armati turchi a Kobane e nel nord della Siria. Da parte loro, il presidente Erdogan e il governo turco hanno detto che Ankara avrebbe inviato in zona un contingente solo se gli Stati Uniti e la loro coalizione fantasma avessero stabilito una zona di esclusione aerea in Siria.

La nuova “confezione” dei piani per una zona di interposizione nel nord della Siria

Con il proposito di trasformare Kobane in un caso, gli Stati Uniti e la Turchia hanno visto l’opportunità di rispolverare i loro piani del 2011 per invadere la Siria, che comprendevano la creazione di una zona di interposizione e di esclusione aerea -controllata dalla Turchia- nel nord della Siria. Ora i piani vengono presentati come un’operazione umanitaria e de mantenimento della pace. È per questo che il 2 ottobre 2014 i parlamentari dell’Assemblea Nazionale turca hanno approvato nuove leggi che autorizzano un’invasione della Repubblica Araba Unita e della porzione siriana del Kurdistán.

Anche così, Ankara si mantiene cauta. In realtà la Turchia sta facendo tutto ciò che può perché Kobane cada sotto il controllo dell’ISIL e i suoi difensori siano sconfitti.

A causa della mancanza di coordinamento tra il servizio nazionale di intelligence della Turchia (il MIT) e i funzionari incaricati di far rispettare le leggi, si è prodotto uno scandalo nazionale quando la gendarmeria turca ha fermato ad Adana alcuni camion camuffati che trasportavano clandestinamente armi e munizioni verso la Siria per consegnarli ad al-Nusra e ad altri gruppi ribelli contrari al governo.

Nel contesto di Kobane ci sono state molte informazioni che rivelavano l’invio di grandi carichi di armi turche per i già ben armati battaglioni dell’ISIL per l’offensiva contro Kobane. Una giornalista, Serena Shim, ha pagato con la vita l’aver investigato su questi invii. La Shim, statunitense discendente di libanesi, che lavorava per una catena informativa in lingua inglese della televisione iraniana, aveva rivelato che i ribelli siriani erano segretamente riforniti di armi arrivate dalla Turchia in camion che portavano il logo dell’Organizzazione Mondiale per l’Alimentazione delle Nazioni Unite (FAO). Subito dopo, il 19 ottobre, la Shim è morta in un misterioso incidente stradale dopo aver ricevuto minacce dal MIT per aver fatto la spia per l’“opposizione turca.”

Per nascondere le sue mani sporche, il governo turco -favoreggiatore dell’operazione segreta- ha argomentato che gli era impossibile controllare le sue frontiere o impedire l’entrata di combattenti stranieri in Iraq e Siria. Tuttavia la battaglia di Kobane ha cambiato tutto, e Ankara ha iniziato a fare quello che prima era incapace di fare alla frontiera con la Siria; ha anche rafforzato i dispositivi di sicurezza nella zona. La Turchia, della quale tutto il mondo conosce la permissività che concede a Jabhat Al-Nusra e ad altre organizzazioni ribelli appoggiate dall’estero di attraversare liberamente la sua frontiera nella loro lotta contro le forze siriane, ha cominciato a impedire che volontari kurdi potessero attraversare la frontiera con la Siria per unirsi ai difensori dell’assediata Kobane.

La Turchia prende nota di chi sono gli amici della Siria

Il governo siriano ha respinto i suggerimenti arrivati da Ankara e Washington sulla presenza di truppe straniere nel suo territorio e sulla creazione di una zona di interposizione nel nord del suo Paese. Damasco ha detto che questo rappresentava uno sfacciato tentativo di aggressione contro la Siria. Il 15 ottobre Damasco ha dichiarato che si sarebbe consultata con i suoi “amici”.

Nel contesto dei piani di invasione turco-statunitensi, il governo di Ankara stava registrando la reazione e l’atteggiamento della Russia, dell’Iran, della Cina e dei segmenti indipendenti della comunità internazionale che non sono compromessi con gli obiettivi della politica estera di Washington. Tanto il Cremlino quanto Teheran hanno reagito avvertendo il governo turco di dimenticarsi qualsiasi idea sull’invio di truppe di fanteria nel Kurdistan siriano e nel resto del territorio di quel Paese.

Lo scorso 9 ottobre il ministro per gli affari esteri aggiunto, Aleksandr Lukashevych, nella sua qualità di portavoce del ministero degli esteri russo, ha annunciato che la Russia si opporrebbe alla creazione di una zona di interposizione nel nord della Siria. Lukashevych ha detto che né la Turchia né gli Stati Uniti hanno alcuna autorità o legittimità per stabilire una zona di interposizione contro la volontà di un altro Stato sovrano. Ha anche dichiarato che i bombardamenti statunitensi nel territorio della Siria avevano complicato la situazione e spinto l’ISIL a mescolarsi con la popolazione civile. Le parole di Lukashevych hanno avuto una eco nelle avvertenze dell’ambasciatore russo Vitaly Churkin, rappresentante permanente della Russia alle Nazioni Unite, nel senso che i bombardamenti in Siria portati avanti dagli USA aiuterebbero a deteriorare ulteriormente la crisi siriana.

Da Teheran, il ministro aggiunto per gli affari esteri iraniano Amir-Abdollahian ha annunciato pubblicamente che l’Iran aveva messo in guardia il governo turco contro qualsiasi avventurismo in territorio siriano.

Perché l’operazione Risoluzione Inerente ha rafforzato l’ISIL in Siria

È forse una coincidenza che l’ISIL, o Daesh, abbia guadagnato terreno in Siria non appena gli USA gli hanno dichiarato guerra? O è una coincidenza che in Rojaya si trovino la maggior parte dei pozzi di petrolio della Siria?

Gli abitanti e resistenti di Kobane che combattono contro l’offensiva dell’ISIL hanno chiesto ripetutamente aiuto esterno, ma hanno definito i bombardamenti statunitensi con una espressione precisa: sono assolutamente inutili. Questa è l’osservazione generale che proviene dal territorio, da parte di leader sia paramilitari che civili, sulla campagna di bombardamenti illegali della Siria diretta dagli Stati Uniti. In un modo o nell’altro, i funzionari locali del Kurdistan siriano dicono che questi bombardamenti sono un fallimento.

Le Unità Popolari di Protezione (Yekineyen Parastina Gel, YPG; quelle formate esclusivamente da donne sono le YPJ) di Kobane, hanno segnalato numerose volte che i bombardamenti USA non fanno niente che possa fermare l’avanzata dell’ISIL né a Kobane né nel resto della Siria. Facendo appello alla creazione di un fronte unito kurdo (in Siria, Iraq e Iran) contro lo pseudo-califfato dell’ISIL, Jawan Ibrahim, un ufficiale delle YPG, ha dichiarato, secondo quanto diffuso dall’agenzia FNA, che a giudizio delle YPG e dei kurdi siriani gli USA e la coalizione anti-ISIL sono un fallimento.

Prima che gli USA inaugurassero ufficialmente la loro campagna in Siria con incursioni aeree a Raqa, i combattenti dell’ISIL avevano lasciato le posizioni che gli USA e i loro alleati degli sceiccati arabi del petrolio bombardavano. Anziché bombardare l’ISIL, gli statunitensi hanno attaccato infrastrutture industriali e civili siriane. E anche se si dice che alcuni di questi attacchi -che hanno distrutto abitazioni e un silos contenente grano- sono stati degli errori, risulta chiaro che la strategia del Pentagono consistente nell’erodere la forza del nemico mediante la distruzione delle sue infrastrutture è stata attuata anche in Siria.

A seguito delle dure critiche ricevute e della pressione internazionale, gli USA hanno iniziato a lanciare dall’aria -con paracadute- forniture sanitarie e armi per i difensori di Kobane. Alcune di queste armi sono finite nelle mani dell’ISIL. Il Pentagono ha detto che questo è successo per errori di calcolo e che le armi non erano dirette all’ISIL. In ogni caso alcuni scettici credono che il Pentagono abbia lanciato deliberatamente armi statunitensi vicino alle unità perché potessero vederle e raccoglierle facilmente. Le forniture di armi comprendevano bombe a mano, granate ad autopropulsione e munizioni; questo si è potuto vedere in almeno un video filmato dall’ISIL.

Parallelamente all’aiuto riluttante degli USA, il governo turco ha ricevuto pressioni perché permettesse che un piccolo contingente di combattenti peshmerga del KRG proveniente dall’Iraq attraversasse lo scorso 1° novembre la frontiera a Kobane. Tuttavia questi pershmerga fanno parte delle forze di sicurezza del corrotto KRG, allineato con la Turchia. In altre parole, sono stati autorizzati a entrare a Kobane “kurdi turchi” (essendo alleati; da non confondere con i kurdi della Turchia) e non membri delle YPG, YPJ o volontari. Dato che il ruolo dannoso della Turchia nell’assedio di Kobane è ormai di pubblico dominio, Ankara teme che la caduta di Kobane significhi la fine delle conversazioni di pace tra il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e il governo e si produca una rivolta generalizzata nel Kurdistan turco.

Un inutile bombardamento aereo USA contro lo Stato Islamico o una guerra occulta degli USA contro la Siria?

La campagna statunitense di bombardamenti non mira alla sconfitta dell’ISIL, che sta anche facendo tutto il possibile per distruggere la struttura sociale siriana. La campagna statunitense di bombardamenti in Siria ha lo scopo di indebolire e distruggere la Siria come Stato in grado di funzionare. È per questo che gli USA stanno bombardando installazioni e infrastruttura siriane, includendo oleodotti; la scusa è quella di impedire che l’ISIL li usi per vendere petrolio e ottenere profitti.

Anche le ragioni con le quali gli Stati Uniti giustificano questa distruzione sono false, già che l’ISIL trasporta il petrolio rubato in Siria in camion cisterna per le strade turche e -al contrario che in Iraq- senza utilizzare oleodotti. Inoltre la maggior parte del greggio rubato dall’ISIL proviene dall’Iraq e non dalla Siria, ma nonostante questo gli USA non hanno mosso un dito per distruggere l’infrastruttura petrolifera irachena. Inoltre operazioni commerciali con petrolio rubato, sia in Siria che in Iraq, vengono realizzate tra attori statali. Perfino lo stesso rappresentante dell’Unione europea in Iraq, Jana Hybaskova, ha ammesso che i Paesi membri della UE stanno comprando greggio iracheno che gli vende l’ISIL.

I due approccci così diversi che ha il Pentagono, uno rispetto all’Iraq e l’altro alla Siria, sono molto eloquenti in relazione a quello che sta facendo nella Repubblica Araba di Siria. Washington sta attaccando la Siria; parallelamente, sia gli USA che la Turchia cercano di cooptare i kurdi siriano per neutralizzarli. Questo spiega sia il coinvolgimento della Turchia nella battaglia di Kobane che l’inazione del governo statunitense. In poche parole l’ISIL, o Daesh, è un’arma degli USA.

Il governo siriano sa che la coalizione anti-ISIL di Washington non è altro che una facciata, e che se il governo statunitense e il Pentagono ritengono che le condizioni siano favorevoli, la farsa potrebbe sfociare in un’offensiva contro Damasco. Il 6 novembre il ministro siriano per gli affari esteri Walid al-Muallen ha detto al giornale libanese Al-Akhbar che la Siria ha chiesto alla Federazione Russa di accelerare l’invio dei sistemi missilistici antiaerei terra-aria S-300 per essere preparata ad una possibile offensiva del Pentagono.

Mahdi Darius Nazemroaya è specializzato in Medio Oriente e Asia Centrale. È un ricercatore associato del Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione/Centre for Research on Globalization (CRG).

Traduzione per Senza Soste di Andrea Grillo, 20.11.2014.

Fonte: Strategic Culture Foundation.

Inglese originale: The War in Rojava: The US and Turkish Roles in the Battle of Kobani, 11.11.2014.


About the author:

An award-winning author and geopolitical analyst, Mahdi Darius Nazemroaya is the author of The Globalization of NATO (Clarity Press) and a forthcoming book The War on Libya and the Re-Colonization of Africa. He has also contributed to several other books ranging from cultural critique to international relations. He is a Sociologist and Research Associate at the Centre for Research on Globalization (CRG), a contributor at the Strategic Culture Foundation (SCF), Moscow, and a member of the Scientific Committee of Geopolitica, Italy.

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